Una «offerta solida e credibile» ancora non c’è. E allora Alitalia non sarà venduta prima delle elezioni, smentendo quanto sostenuto e vaticinato dallo stesso Carlo Calenda. Il ministro dello Sviluppo economico è il vero sconfitto del vertice di ieri con i commissari dell’ex compagnia di bandiera. Calenda la scorsa settimana aveva annunciato in pompa magna che l’incontro di ieri avrebbe portato «alla trattativa in esclusiva» per cedere Alitalia. Come ampiamente anticipato, niente di tutto questo è successo. I tempi saranno molto più lunghi così come i nodi da sciogliere per dipanare una matassa assai intricata.

NEL COMUNICATO FINALE comune fra Calenda e Delrio, capolavoro di diplomazia, si cerca di nascondere la magra figura. Ma non si può nascondere come «le manifestazioni di interesse pervenute devono essere ulteriormente approfondite prima di poter procedere ad una negoziazione in esclusiva». I commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari conti alla mano non se la sono sentita di assecondare la forzatura di Calenda, scegliendo praticamente alla cieca quale dei tre pretendenti – Lufthansa, Easyjet e Cerberus – abbia fatto l’offerta migliore. Toccherà al prossimo governo prendere la decisione, sperando che nel frattempo i commissari riescano a migliorare tutte le offerte, sia per la parte economica che – soprattutto – su quella degli esuberi rispetto agli attuali 10.800 dipendenti di Alitalia. Se avessero detto «sì» a Lufthansa – la pretendente più accreditata – avrebbero legittimato ben 5mila esuberi e la «significativa ristruttuazione» chiesta venerdì dal ceo Carsten Spohr.

IL FATTORE TEMPO – decisivo per Calenda – lo è invece molto meno per i commissari, che ieri hanno rivendicato il loro lavoro in questi sei mesi di gestione dopo la vittoria del No al referendum sul piano di Etihad e banche creditrici (taglio fino al 30 per cento dello stipendio): «I commissari hanno confermato che la società nel primo trimestre presenterà ricavi in crescita rispetto all’anno precedente e che il prestito dello Stato non è stato sostanzialmente intaccato», racita il comunicato.

LA NOSTRA DISASTRATA compagnia tricolore fa comunque gola ad un mercato globale in espansione così come il nostro bacino turistico. Le pretendenti dunque ci sono. Il problema è che tutte le offerte sono al ribasso: Lufthansa ho proposto la pochezza di 250 milioni, Easyjet sostiene di aver fatto meglio ma non di molto, sulla stessa linea il fondo americano Cerberus.

QUESTI SONO I TRE pretendenti. Ma – come nella vicenda Ilva – ogni offerente può essere il capo di una cordata. E così sta accadendo sia per quanto riguarda Easyjet che Cerberus.
La low cost inglese ha stretto i contatti sia con Air France-Klm che con il gigante americano Delta. Le smentite di prammatica infatti non negano l’attenzione. Anche quella di domenica di Air France: il «non ha presentato un’offerta per l’acquisizione di Alitalia» non significa che non possa allearsi con Easyjet tanto che anche ieri parecchie fonti davano per sicuri «a breve un calendario incontri fra Air France e Alitalia».

Più sfumato appare il ruolo del fondo Cerberus seppure sia ancora formalmente in pista ed i cui rappresentanti hanno incontrato i commissari straordinari nei giorni scorsi a New York. L’idea del fondo, che ha già esperienza di ristrutturazione in campo aereo con Air Canada (ma oltre 10 anni fa) punta su un’alleanza con Cassa depositi e prestiti (Cpd) e addirittura apre all’azionariato dei dipendenti.
In questo quadro Lufthansa non è più la favorita. E forse questa è una buona notizia.