Con i lavoratori che protestano davanti agli uffici direzionali della compagnia, e un consiglio di amministrazione che inizia con un’ora di ritardo rispetto alle 18 previste, sul destino di Alitalia continua a pensare positivo Maurizio Lupi. Il ministro dei trasporti ribadisce nel pomeriggio via twitter: “Priorità del governo un piano industriale con continuità azienda, investimenti da parte di privati e difesa dell’occupazione!”. Forse è l’ennesimo tentativo di moral suasion nei confronti dei vertici dell’ex compagnia di bandiera. Per certo Lupi ha già incontrato l’ad Gabriele Del Torchio, da cui ha avuto in anteprima le linee guida del business plan di Alitalia. Che sul fronte della ricapitalizzazione della compagnia aerea, a 24 ore dalla scadenza ufficiale dei termini per l’adesione, dovrebbe concedere all’azionista più dubbioso – Air France-Klm – un ulteriore periodo di tempo per decidere.

Alla riunione del cda c’è anche l’ex presidente di Air France, Jean-Cyrill Spinetta. Ma l’agenzia economica Bloomberg ha già battuto la notizia che i francesi non intendono comunque aderire all’aumento, facendo slittare così la loro attuale quota azionaria dal 25% a circa il 6%. Il nodo del contendere è un piano industriale giudicato poco credibile sia sul fronte della “ristrutturazione” interna, leggi le migliaia di nuovi esuberi ritenuti indispensabili per gli equilibri economici di Alitalia, che su quello delle previsioni finanziarie e del traffico aereo ipotizzato nei prossimi tre anni.

Ancor più della ricapitalizzazione da 300 milioni, che anche senza i francesi è da considerare valida – ne bastano 240 – grazie agli interventi degli altri azionisti, di una garanzia di 100 milioni fatta da Intesa San Paolo e Unicredit e dall’entrata in scena del Tesoro attraverso Poste con 75 milioni, è l’aspetto occupazionale quello che preoccupa di più. Dopo la netta presa di posizione dei sindacati confederali che non intendono accettare nuove emorragie occupazionali, fra i lavoratori che protestano nell’area tecnica dell’aeroporto di Fiumicino ci sono anche i sindacati di base. Se possibile ancora più arrabbiati: “La ricetta sarà sempre uguale – anticipa Fabio Frati del Cub Trasporti – così come gli attori coinvolti, sindacati e politici. Gli stessi che nel 2008 hanno mandato a casa 10mila persone, e che oggi prevedono altre migliaia di esuberi”.

Non si fa illusioni Frati: “Si potrebbe intervenire, ma non c’è nessuna volontà politica e, come al solito, si cercano soluzioni che vanno sempre e solo a carico dei lavoratori, che credo abbiano già pagato un prezzo molto alto”. Parole che sembrano ispirate dalle indiscrezioni che si sono rincorse in questi ultimi giorni, su un piano industriale che prevederebbe un migliaio di addetti diretti in cig, e il mancato rinnovo di altri duemila contratti a termine. Intanto continuano a rimbalzare le voci su possibili nuovi azionisti di Alitalia. Anche la russa Aeroflot, nonostante il “no comment” di rito, ha ancora aperto il dossier sulla ex compagnia di bandiera italiana.