Prosegue l’ottimo lavoro di traduzione dell’opera di Alice Rivaz da parte della casa editrice Paginauno. Dopo La pace degli alveari (1947, recensito su queste pagine il 5 luglio del 2019), insieme agli altri pubblicati alla fine degli anni Novanta (Nuvole tra le mani, Il cavo dell’onda, L’alfabeto del mattino, Racconti di memoria e di oblio, Getta il tuo pane), ora è arrivato Come la sabbia (pp. 204, euro 18, traduzione di Grazia Regoli, postfazione di Valèrie Cossì), secondo romanzo della scrittrice svizzera, dato alle stampe nel 1946.

LA QUALITÀ LETTERARIA è quella cui ci si abitua fin dalle prime righe di qualsiasi suo libro, elegante, asciutta e mai banale. Scoperta preziosa, Alice Rivaz illumina centrale la cultura romanda ed europea. Nell’arco lungo quasi un secolo (nata nel 1901 scompare a 97 anni), per intuirne il carattere ironico e sferzante basterebbe vedere in rete qualche sua intervista. Un sorriso alleggerito da una longevità e autonomia fuori dalle convenzioni. Un clima simile si respira nei suoi romanzi: disincanto privo di tormento, dono raro delle fuoriclasse che scelgono la schiettezza senza mai rinunciare alla misura della dirompenza.
Lo avevamo imparato leggendo il diario di Jeanne Bornand protagonista di La pace degli alveari e ora lo comprendiamo meglio grazie a Hélène Blum, Claire-Lise Rivier, André Chateney, Nelly Demierre e tutti i protagonisti di Come la sabbia. Ambientato nell’inverno ginevrino del 1928, tra le fila di funzionari e impiegati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (dove anche Rivaz aveva trovato posto fino al 1959), possiedono l’inquietudine livida di larga parte della letteratura novecentesca, raccontano quanto deperibile e ilare sia il destino della condizione umana.

TUTTO HA UN TERMINE, l’amore, per primo, è uno scacco irrisolvibile. La grande Storia, come in ogni scrittura di Alice Rivaz, interferisce continuamente nel quotidiano, la crisi economica, il tema del lavoro e delle diseguaglianze sociali in particolare riguardanti le donne, sono consegnate nelle mani di Hélène che è personaggia cavillosa, analitica e fin troppo deduttiva.
Vive di ambivalenze e disappropriazioni, Hélène, a partire dalla propria identità ebraica e non si capacita di quanto imprendibile al ricordo sia la relazione avuta con il suo collega André. Non sa bene, dopo sette anni, cosa sia accaduto in quella massima dispercezione che è l’amore offerto a chi non ha idea neppure dell’esistenza dell’altro da sé; incurante degli sguardi di Hélène, André desidera oggetti indisponibili.
É una faccenda che attraversa i secoli questa dell’evitamento dell’intimità, si sceglie più spesso il proprio ombelico, in molti casi abitacolo di feste centripete e di edonismo da quattro soldi. Tutto ciò riguarda anche i protagonisti di Rivaz; a partire dalla postfazione di Cossì, si ribadiscono i temi cari al femminismo radicale che alla fine degli anni Sessanta farà capolino anche in Svizzera: la libertà femminile, la disparità giocata non solo nello scardinamento dei ruoli sociali né su un terreno puramente paritario.

LA RELAZIONE TRA I SESSI è per Alice Rivaz questione da condividere con le altre donne, di cui parlare nelle contraddizioni eppure senza la miseria di sentirsi autosufficienti, inutile ripetere gli errori maschili. Gli uomini sono certo disattenti, secondo la scrittrice, talvolta invocano semplicità quando invece vorrebbero maggiore compiacenza, eppure restano interlocutori preziosi di una tassonomia affettiva più vasta.
Siamo state donne innamorate, dice Rivaz, e ci hanno fatte diventare cuoche e casalinghe. Nonostante tutto, questi uomini sono stati amati con ostinazione, rivelandosi altrettanto orbi. Non resta che congedarsi dall’illusione romantica e avviarsi per strade più ariose. Notevole a tal proposito è la costellazione musicale e danzante di tutto il libro. Se la sabbia è il tempo che scorre nell’oblio, l’elemento inconscio del fluire nel corpo a corpo con altri esseri umani è la lente ulteriore di relazioni più oblique.

IL BALLO TRASFORMA il grigiore impiegatizio diurno nel sentire la propria differenza sessuale tra esultanza e inadeguatezza. Quella della ventenne Claire-Lise, tra i più interessanti profili dell’intero romanzo, riveste in tal senso un posto speciale: la sua timidezza intrinseca, il suo sentirsi vista quando vorrebbe invece solamente infilarsi in qualche porta sul retro, determina il rischio di stare nella tenuta di sé, di non andare via. In una «rivolta piccolissima» e definitiva, sono dunque i gesti quotidiani scelti per l’osservazione del mondo, insieme alla pratica del partire da sé, che hanno spinto Alice Rivaz, fino agli ultimi anni della propria vita, nella prosecuzione della scrittura. Un passo dopo l’altro, regale e tenace protagonista del proprio spazio nel mondo.