Le meduse possono bloccare una centrale nucleare? Potrebbe sembrare una barzelletta, ma la risposta è sì. Solo che la domanda in effetti non è per niente precisa, perché è già successo: in realtà le meduse hanno più volte bloccato il funzionamento di una centrale nucleare. L’ultima volta in ottobre quando, secondo quanto riporta il quotidiano scozzese The Herald, i tecnici addetti al controllo di Torness hanno dovuto spegnere il reattore della centrale con una procedura di emergenza. La notizia non è arrivata sui media italiani? Strano. Forse è mancato lo spazio a disposizione, visto che oltre al Covid non pare esserci altro di cui parlare; oppure semplicemente non è il caso di andare contro al rinnovato interesse per il nucleare, sbandierato ormai come totalmente sicuro ed esente da problemi di qualsiasi sorta.

La natura però non sembra pensarla allo stesso modo e la sua risposta sembra appartenere a un film di fantascienza degli anni Cinquanta: L’invasione delle meduse. Potrebbe essere. Il caso scozzese non è infatti l’unico, tutt’altro. Anzi, il problema è ben noto da oltre ottant’anni, da quando questi semplici animali senza nemmeno una spina dorsale hanno bloccato nel 1937 il funzionamento di una centrale elettrica a carbone in Australia.

COME POSSONO FARLO? La risposta è semplice, sia per la spiegazione del meccanismo, che del peggioramento della situazione. Le centrali nucleari sono spesso costruite in prossimità del mare o di grandi laghi, visto che necessitano di enormi quantitativi di acqua per raffreddare i nuclei dei reattori e le apparecchiature ad essi associate. Se le pompe che aspirano l’acqua attirano grossi quantitativi di questi animali, i filtri rimangono intasati da essi, impedendo il corretto afflusso dell’acqua e costringendo il personale di controllo a fermare l’impianto, con costi considerevoli: la chiusura di Torness costa per esempio 1,5 milioni di dollari al giorno.
In Scozia era già successo altre volte, ma è capitato anche negli Stati Uniti, in Canada, in Svezia, in Giappone e in Francia. La notizia è stata confermata tempo fa proprio dal Bulletin of Atomic Scientists e non da un giornale ecologista, contrario alla proliferazione delle centrali atomiche: per fare degli esempi, quella giapponese di Shimane ha dovuto chiudere per alcuni giorni nel 2011, quella svedese di Okarshamns nel 2005 e nel 2011, St. Lucie in Florida più di una volta, e così via.

QUESTI STRANI EVENTI sembrano oltre tutto diventare sempre più comuni, a causa della proliferazione delle meduse: in Giappone, per esempio, si assisteva alla «fioritura» di una specie molto grossa di dimensioni, la Nemopilema Nomurai, circa due volte ogni secolo. Negli ultimi anni sembra invece essere diventato un fenomeno assai comune, tanto che il professor Shinichi Ue docente di Scienze Marine all’Università di Hiroshima, ha lanciato un allarme nel 2014, avvertendo che occorrerà prendere serie contromisure contro la proliferazione delle meduse e le sue cause, per evitare guai seri. Si tratta di un fenomeno volontario da parte di questi animali? Ovviamente no. Come sa chiunque ami nuotare nei nostri mari, ed è magari stato punto da una di esse, stiamo parlando di forme di vita con una limitatissima capacità di movimento. Sono infatti animali planctonici, cioè organismi acquatici che, non essendo in grado di muoversi attivamente, vengono trasportati passivamente dalle correnti e dal moto ondoso. Non si dirigono quindi verso i collettori delle centrali, ma vengono passivamente attirati in numero tale da bloccare l’afflusso di acqua, risucchiati fino a morire senza motivo.

COSA PUÒ DUNQUE ESSERE IL MOTIVO scatenante della loro massiccia presenza? Innanzitutto, il riscaldamento globale (che strano), sommato alla pesca intensiva delle specie marine che si nutrono di meduse. Sapete quale sia per esempio un animale ghiotto di esse? Le tartarughe, diventate così rare nel mondo. Oltre a questi fattori, si sta studiando un altro fenomeno: l’acidificazione degli oceani, dovuta all’assorbimento di acido carbonico che deriva dall’anidride carbonica atmosferica. L’inquinamento, insomma. Questo sembra interferire con il processo di calcificazione delle creature col guscio, e dei coralli.

Bene. I filtri sono intasati e così le centrali pompano fuori acqua per ripulirli, oppure ci mandano a farlo dei subacquei, non molto felici immagino. L’impianto è rimasto spento per qualche giorno e sono stati spesi un mucchio di soldi. La soluzione? Semplice, costruiremo le prossime centrali nucleari vicino a fonti di acqua dolce, dove non vivono le meduse. Ma anche in questo caso Madre Natura ha in serbo una brutta sorpresa. Sono infatti avvenuti grossi problemi anche nel caso dei condotti di aspirazione di acque dolci, come testimoniato dagli episodi occorsi alle centrali situate sulle rive dei Grandi Laghi americani. Si è scoperto infatti che Cladophora, un raggruppamento tassonomico che include diverse specie di alghe verdi, ha causato diversi casi di malfunzionamento. Anche in questo caso le alghe hanno beneficiato per la loro riproduzione del degrado ambientale, compreso l’aumento della presenza di fertilizzanti nelle acque rese più calde dallo scarico di quelle utilizzate per raffreddare il nucleo. Inoltre, si è vista una crescita esponenziale di una specie di cozze presente anche nelle acque lacustri di casa nostra, come ben sanno i subacquei che vi si immergono: la Dreissena polymorpha. Questa specie, aggressiva e invasiva, collabora alla crescita della Cladophora, formando grandi colonie che puliscono l’acqua, permettendo alla luce di penetrare e formando un substrato alle alghe. In questo modo la centrale nucleare canadese di Pickering ha dovuto chiudere due volte e una quella di Darlington, sempre in Ontario; entrambe sono inoltre soggette a interventi manutentivi sempre più frequenti. I responsabili hanno quantificato un costo globale per la società di circa 3 milioni di dollari all’anno. Stesso discorso per la centrale statunitense di Fitzpatrick nello stato di New York.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO HA POTUTO solo peggiorare la situazione, incrementando la fioritura di alghe d’acqua dolce e meduse marine, che hanno passivamente e involontariamente “attaccato” centrali nucleari dall’Atlantico al Pacifico, e addirittura nei Grandi Laghi, causando un loro breve ma inevitabile arresto.