Come può l’arte rappresentare e/o restituire la storia contemporanea? Alfredo Jaar da decenni si occupa delle ingiustizie che scandiscono l’agenda politica internazionale. Lament of the images è il titolo della sua mostra da poco inaugurata alla galleria Lia Rumma di Milano, dopo le tante esposizioni e più di sessanta interventi pubblici realizzati in tutto il mondo.
«Viviamo in un periodo difficile – ha affermato Jaar – le mie opere vogliono essere un invito a riflettere sulla realtà, senza rappresentazioni né manipolazioni. Etica e estetica sono sempre connesse, come ha sottolineato Jean Luc Godardnel sostenere che è impossibile scinderle perché si richiamano vicendevolmente».
L’opera che dà il titolo alla personale (visitabile fino al 12 gennaio) è composta da due tavoli fotografici luminosi, comunemente usati per vedere i negativi, posizionati uno sopra l’altro, che non mostrano nessuna immagine. Una sottrazione iconica radicale che indica la necessità, per l’artista, di riflettere sul valore delle immagini che ci bombardano ogni giorno, rendendoci incapaci di interpretarle. I lightbox che compongono l’installazione Shadows ci riportano invece all’impegno politico/poetico di Jaar, che ha selezionato immagini scattate da Koen Wessing nel 1978 durante la guerra civile in Nicaragua. Immagini di dolore e disperazione, in grado di assumere valore universale.
Delega al potere immaginifico del linguaggio la nuova installazione What need is there to weep over parts of life? The whole of it calls for tears (che bisogno c’è di piangere momenti della vita? La vita intera è degna di pianto), una scritta fatta con un neon rosso, parte di un progetto che sarà installato in uno spazio pubblico di Milano. «Rappresenta il mio stato d’animo, in un momento tra i più tragici della storia politica contemporanea», ha spiegato l’artista. E ha aggiunto: «La scena è desolante non solo negli Usa dove vivo, ma anche in Brasile dove è salito al potere un presidente neo fascista. La mia opera è una sorta di lamento, che ho tratto da un testo di Seneca. In qualche modo evoca anche il pensiero di Gramsci, quando scrive che, per agire, bisogna seguire il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà».