Alla camera e al senato la mozione di sfiducia contro Angelino Alfano per il rimpatrio coatto della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov è stata presentata dal M5S con le firme anche dei parlamentari di Sel. Il capogruppo alla camera Gennaro Migliore ha già chiesto il voto segreto e non ci vuole molto a capire che per molti piddini la tentazione sarà forte. Anche la posizione della Lega è incerta: il partito di Maroni chiede che si accertino le responsabilità politiche senza prendersela con comodi capri espiatori. Proprio quel che sta cercando di fare il ministro. Persino Fratelli d’Italia potrebbe sparare sul vicepremier. Giorgia Meloni twitta ironica: «Letta, Alfano e Bonino non sanno nulla: ministri a loro insaputa». Tante volte sono gli incidenti imprevisti a rivelarsi i più micidiali. La strada del governo Letta era costellata di trappole e ostacoli ma la loro esistenza era nota da tempo. Ci si poteva preparare a fronteggiarli. L’«Alfanogate» è diverso. Non se lo aspettava nessuno, nessuno sa come uscirne fuori e di ora in ora il fattaccio diventa più spinoso. Oggi arriverà la relazione del capo della polizia Pansa. Qualunque cosa dica, non spegnerà l’incendio. I presidenti delle commissioni Esteri e Affari Costituzionali del senato, Casini e Finocchiaro, chiedono che Alfano e il ministro degli Esteri Bonino riferiscano il prima possibile alle camere e subito dopo si dovrà discutere la mozione di sfiducia. Che il ministro si salvi o meno, il danno sarà comunque cospicuo, e non solo per lui. Quando tutti strepitano, ci vuole poco a capire chi si trova nella situazione più difficile e imbarazzata: chi tace. Tace Alfano, segretario del Pdl, vicepremier, responsabile del Viminale e da ieri «anatra zoppa»: comunque vada a finire la vicenda, la sua credibilità è già da barzelletta. Ieri avrebbe dovuto partecipare alla presentazione di un libro della deputata pidiellina Dorina Bianchi. Ha declinato. «Impegni improvvisi», ufficialmente. Con formula più schietta, «se l’è data». Tace, o almeno non va oltre il timido sussurro, anche il Pd, fatte salve le solite voci estranee al coro, Felice Casson e Pippo Civati. Guglielmo il Reggente affida a facebook un commento che più imbarazzato non si può: «Si chiariscano tutti i punti ancora oscuri, poi chi ha sbagliato dovrà assumersi le sue responsabilità». Parole dure all’apparenza ma che nella sostanza si adattano benissimo al tentativo di trovare qualche alto funzionario come capro espiatorio e salvare la testa del ministro. Tutti gli altri, nel Pd, guardano da un’altra parte: troppo imbarazzante il sequestro e rimpatrio illegale in Kazakistan di Alma Shalabayeva e della figlia. Una rendition in piena regola, peggiore nella sostanza dal pluricondannato rapimento di Abu Omar. Non sa che dire il Pd, e lo si può capire: sia che creda all’innocenza del ministro, nel qual caso trattasi di inetto assoluto, sia che invece lo ritenga coinvolto, nel qual caso è complice, dovrebbe chiedere la sua testa. Però non può farlo, perché l’intero Pdl, su mandato diretto di Silvio Berlusconi, fa quadrato e mette sul piatto della bilancia la fine del governo Letta. Quanto è fondo il silenzio piddino, infatti, tanto striduli sono gli urli del Pdl. Brunetta è il primo a dire forte e chiaro che chi tocca Angelino avrà la crisi («È chiaro che senza di lui il governo non va avanti»). Tutti gli altri seguono e se la prendono direttamente con Repubblica e con il suo direttore Ezio Mauro, che ieri ha chiesto apertamente le dimissioni del ministro. «Usano Alfano come bomba umana per far esplodere il governo Letta», azzarda immaginifica Daniela Santanchè. E il perché di tanta malizia è ovvio: per spianare la strada a Matteo Renzi che ha fretta di correre alle urne. Non è sola la Pitonessa, da Mara Carfagna in giù, non c’è pidiellino che non additi il quotidiano mestatore: «A chi tira la volata Repubblica?». Il diretto interessato replica ironico: «Sembra che la dissidente la abbia rapita io». Gelo calibrato, quello del sindaco di Firenze. Perché se le trame sospettate dal Pdl sono probabilmente fantasiose, la possibilità che al momento del voto i renziani mitraglino Alfano, e con lui Letta, fantasiosa non lo è affatto.