Alfano difende i poliziotti violenti
Ordine pubblico Il ministro scarica il suo vice e il capo della polizia. E poi minaccia: «Chiudo il centro ai cortei»
Ordine pubblico Il ministro scarica il suo vice e il capo della polizia. E poi minaccia: «Chiudo il centro ai cortei»
Difende l’operato della polizia, mostra le immagini dei manifestanti che attaccano le forze dell’ordine e minaccia di chiudere il centro di Roma alle manifestazioni. Ma soprattutto sconfessa due tra gli uomini a lui più vicini, come il viceministro Filippo Bubbico e il capo della polizia Alessandro Pansa, che nei giorni scorsi hanno condannato le violenze degli agenti. Per sposare, fino in fondo, la linea del prefetto della capitale Giuseppe Pecoraro che, invece, ha avuto parole di comprensione per gli agenti sotto accusa.
Sono giorni che sui giornali e in rete girano le immagini delle violenze compiute dalla polizia nel corso della manifestazione per la casa di sabato scorso a Roma e durante lo sgombero di una casa occupata avvenuto lunedì nel quartiere Montagnola della capitale. Immagini inequivocabili per tutti, al punto che anche ai vertici del Viminale si è sentita la necessità di prendere le distanze da certi comportamenti violenti degli uomini i divisa. Per tutti, ma non per il ministro degli Interni, che sì condanna gesti che poco hanno a che vedere con un paese democratico, ma lo fa velocemente («se c’è qualcuno che sbaglia se ne occupano le autorità competenti», dice), assorbito com’è in una difesa d’ufficio della polizia in generale. Polizia che, va detto, nessuno si è mai sognato di condannare in modo indiscriminato.
Ma è chiaro che per il titolare de egli Interni anche questo è argomento di campagna elettorale. E così Alfano nel corso di una conferenza stampa nella sede del Ncd, alza la voce, mostra le immagini degli scontri con i manifestanti incappucciati: «Questi sono i bravi ragazzi che si battono contro la precarietà», ironizza agitando le fotografie. «Non è più accettabile il tentativo di saccheggio della città di Roma, non lo permetteremo più», prosegue. Per minacciare un intervento volto a chiudere il centro storico alle manifestazioni. Ma soprattutto chiude le porte alla possibilità di attribuire ai poliziotti, come avviene ormai ovunque in Europa, un codice identificativo in modo da poter identificare subito gli agenti che si macchiano di violenze. Misura che tra l’altro permetterebbe di evitare accuse generiche contro le forze dell’ordine. Niente da fare: «Sull’identificativo alle forze dell’ordine sono contrario – dice infatti Alfano -. Se questi sono i manifestanti, io il numero identificativo lo metterei a loro».
Non è la prima volta che la destra prova a limitare il diritto di manifestare. Un tentativo analogo lo fece ad esempio nel 2011 anche Gianni Alemanno quando era sindaco di Roma con due ordinanze che limitavano i cortei a determinate quartieri, prima che il Tar del Lazio gli ricordasse come non spetta ai primi cittadini intervenire su diritti che sono sanciti dalla Costituzione. Oggi ci riprova Alfano, che con l’occasione indebolisce anche il capo della polizia e il suo viceministro. Permettendo a Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale di approfittarne subito per chiedere le dimissioni di Bubbico.
Ma d’accordo con il ministro degli Interni si dicono anche i sindacati di polizia Siulp, Sap e Anfp, insieme a Confesercenti e Federmoda, le associazioni dei commercianti.
Decisamente contrari a ogni ipotesi di limitazione è invece Sel, con il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore che accusa il ministro di fare «polemiche sterili». «Ad Alfano vorrei dire che criminalizzare il dissenso è un errore gravissimo», dice Migliore. Mentre il leader Nichi Vendola su twitter chiede: «Che Paese è quel Paese in cui il ministro dell’Interno scarica il capo della polizia, smentisce il viceministro dell’Interno pur di difendere determinati poliziotti che hanno abusato del loro potere?».
La Cgil di Roma e Lazio, infine. pur condannando le violenze nelle manifestazioni, ricorda ad Alfano come sia sbagliato e antidemocratico pensare di riproporre il divieto delle manifestazioni al centro di Roma».
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