Tra i tanti libri usciti per il centenario della nascita di Fausto Coppi svetta per forma e sostanza Alfabeto Fausto Coppi (Ediciclo, 320 pagine, 28 euro). Una forma fatta di cento piccole storie che riproducono la «figura scomposta, spezzata, contraddittoria» del campionissimo. Una sostanza che ci regala episodi inediti di un personaggio storico del dopoguerra italiano non solo in fatto di ciclismo.

Un alfabeto costruito sui titoli delle storie – accompagnati da un luogo e una data – che portano il lettore ad un tortuoso tracciato temporale, di luoghi e sentimenti degno di una tappa alpina, di una cima Coppi e della successiva discesa ad un Giro d’Italia.

Un mosaico complesso – anche decidendo di usare gli indici a fine libro – che diventa un affresco di un paese e del suo sport più popolare. Popolare, sì, ancora oggi, a settant’anni di distanza o giù di lì, perché fatto di popolo e di umanità, di rapporti schietti quanto leali, di sfide che diventano epica.

Lo scrittore Gino Cervi e il giornalista Giovanni Battistuzzi amano la bici alla follia. Un amore che traspare nei racconti delle corse e delle tappe, scelti con un criteri avulsi dall’importanza nella leggendaria carriera di Coppi.

Certo, c’è la Milano-Sanremo del 1946 vinta con 14 minuti di vantaggio sul secondo con 270 chilometri in fuga – di cui 150 da solo – ma l’importanza e la bellezza del libro risiedono molto di più nello svelare le storie decisive per la vita del campione.
Dalla figura del fratello Serse – fischiato dopo aver incredibilmente vinto la Parigi-Roubaix del 1949 per l’errore di strada del gruppetto di testa – e morto dopo pochi anni per una caduta, al rapporto con «Giulia Occhini, in Locatelli», la donna della vita.

Quel rapporto è veramente uno spaccato della realtà dell’Italia puritana e pruriginosa degli anni ’50 che qui viene racchiuso in flash particolari: la visita dei Carabinieri a casa Coppi che portarono all’ordine di cattura per la «dama bianca», l’intero hotel affittato da Coppi in Francia per stare in santa pace con l’amata, e la fotografia di Faustino – il figlio nato a Buenos Aires – che Bartali mostra al gruppo durante una tappa del Giro d’Italia del 1955.

Il tutto viene raccontato da un’angolatura inedita e spiazzante rispetto alla cronaca sportiva abituale. Tanto che l’unico giornalista citato è quel Gianni Brera e il suo viaggio in macchina con Coppi alla presenza della stessa Occhini: una vera chicca.
La prefazione di Adriano Sofri, che scopriamo coppiano impenitente, è l’aperitivo ad un tomo impreziosito dalle illustrazioni di Riccardo Guasco.

Unica pecca: «le novantonove storie e una canzone» riportano il testo liberamente tratto dalle pagine di Anna Maria Ortese. Ma dimenticano il brano – e la musica – dedicato al campionissimo da Gino Paoli, ingiustamente sottovalutato: Un omino con le ruote contro tutto il mondo, e va su, e va su ancora, un omino che non ha la faccia da campione ed un cuore grande come l’Izoard.