La penna si trattiene, lo scritto non può fluire come vorrebbe. Ci si sente come scolaretti che saranno di certo rimproverati. La pagina può restare bianca. Quando il groppo in gola è pesante, ancora, dopo tanti anni, ricordando quel tragico 3 luglio 1995.

Ad Alex Langer non si poteva non volere che un bene senza misura, anche quando non si condividevano le sue prese di posizione più politiche all’interno del piccolo mondo dei Verdi italiani: restava tra i pochissimi ai quali si prestava ascolto.
Non era un politico, era un visionario. Eppure, quanto dolore per questa persona che abbiamo avuto l’onore di conoscere. Non si risparmiava e scriveva, scriveva molto e dappertutto. Era un intellettuale di quelli che coniugano le parole con le azioni ed ha vissuto allo spasimo. Quando se ne andò, si prese le prime pagine non solo dei quotidiani italiani ma anche di tutti quelli di lingua tedesca. Era un costruttore di ponti, un uomo di pace vero.

Non c’era convegno importante, di quelli dove si discute davvero o si sogna una Europa senza frontiere, una Europa da allargare, o un mondo senza la parola guerra, dove lui non fosse presente. Era – e ricordo luoghi dove sono stato anch’io – a Napoli, ad un convegno di presentazione delle nuove realtà verdi ed ecologiste dell’Est europeo, c’era a Sarajevo, era il settembre del 1993, la guerra fratricida ardeva Vukovar ed Osijek. Noi eravamo là, con noi i Litfiba, il Trio Liguori, i Nomadi del mai dimenticato Augusto Da Olio. E Alex c’era.

Era il presidente del Gruppo Verde al Parlamento Europeo. Uno dei pochi ad avere una visione dell’ecologia di livello europeo, il mondo ecologista italiano era una sorta di mondo feudale dove le alleanze si componevano e ricomponevano «alla libanese». Alexander Langer non era toccato da queste miserie.

Il simbolo dei Verdi del Sud Tirolo è stato a lungo una colomba, era la colomba pacifista riprodotta a milioni di esemplari su borse di cotone, lui ne aveva una. E gli adesivi, gli striscioni nei cortei sterminati degli anni Ottanta per la pace in Germania…

Alex è stato la colomba dei Verdi italiani. Quello che ha fatto, quello che ha costruito, quello che ha saputo immaginare resta ancora in piedi. La Fiera delle Utopie concrete di Città di Castello, ogni anno dedicata ad un elemento naturale diverso, la Terra, il Fuoco, l’Acqua, l’Aria… e trovavi il meglio del pensiero ecologista mondiale riunito, da Ivan Illic a Wolfgang ed Ignacy Sachs, e tutti gli Italiani più avvertiti.

Sono in piedi, soprattutto, le domande che si poneva.

Lentius, profundius, suavius era il rovesciamento che Alex Langer operava del noto motto olimpico. Aveva capito che più velocemente, con più forza e più lontano, non si va proprio da nessuna parte.

E’ invece lavorando sulle cose più a fondo, più lentamente, con più delicatezza che le acquisizioni del pensiero del limite (che è il pensiero ecologista) possono permanere ed interessare nel concreto della vita di tutti i giorni milioni di persone.

Alex è stato un amico, un amico ed un politico vero, di quelli di una volta, di quelli che recano memoria di tutti, anche delle seconde e terze file, e si faceva un punto d’onore di rispondere e di persona a chi gli scriveva. Ed eravamo in tanti.

«Bisogna coniugare la purezza della colomba con l’astuzia del serpente» era una citazione evangelica, Alex Langer non viveva sulle nuvole, era un lottatore, profondamente nonviolento ma combattente. Interveniva con grande lucidità nelle vicende politiche, memorabile il suo provocatorio «solve ut coagulat» rivolto ai Verdi. Scioglimento e ricomposizione.

Ci ha voluto bene ma non ha mai fatto un feticcio dell’idea «partito», finché c’è stato è rimasto un pilastro, con lui una quadra, alla fine, si ritrovava sempre. La sua visione ampia è stata un incoraggiamento a guardare fuori dalla penisola.

Anche in Germania, nostro sogno, unico luogo al mondo dove i Verdi hanno saputo costruire una realtà politica lungimirante, utopica e concreta, strutturata e fortemente dialogante con il resto della società, due suicidi hanno scosso e terribilmente l’ambiente. Petra Kelly e Gert Bastian, nell’ottobre del 1992, ci lasciarono prematuramente. Petra Kelly, capofila dei Fundis, i fondamentalisti.

In un convegno a Firenze, erano stati invitati entrambi – c’era anche Joschka Fischer, leader dei Realos – nemmeno si salutarono. Pacifista e utopista convinta, ci ha lasciato un gran bel libro, Fighting for Hope-Lottare per la speranza. Con Alex Langer è stata una «hoffnungtrager», una portatrice di speranza. In un mondo che si viveva sull’orlo del baratro dell’apocalisse nucleare – e lo siamo ancocra – queste voci si levavano ad invocare, gridare e reclamare un mondo diverso dove le differenze economiche, sociali, politiche, etniche, non avessero più ad esistere.

Certo, nei primi anni Ottanta e per un decennio circa, non sono stati soli.

A milioni, nel mondo, in Italia e in tutta Europa, si marciava per le strade e questo movimento poneva in discussione quello che allora era l’equilibrio del terrore. SS 20 da una parte e Pershing e Cruise dall’altra. Il mondo non è più diviso in blocchi ma la situazione globale non è di certo migliorata.

Per un muro che è crollato, altre decine di muri sono stati innalzati.

Dalla Palestina al Messico, al nostro Mediterraneo, muro d’acqua pieno di trentamila cadaveri. Avremmo bisogno tutti di nuovi «hoffnungstrager» portatori di speranza e non possono avere solamente fragili ali di colomba come Alex Langer e Petra Kelly. La loro vita avrà avuto senso se ciascuno di noi saprà caricarsi un pezzetto del suo fardello.

La lotta ambientalista e pacifista, la lotta per i diritti umani di tutti, rimane l’urgenza di ogni stagione, l’urgenza di sempre. Alex sarebbe stato certamente a Genova nel 2001, sarebbe ancora con noi a gridare pietà per le morti nel Mediterraneo.

Era una persona dolce, il suo sorriso contagiava, non fu per questo meno determinato. In un momento nel quale si invocano le piccole patrie, putride perché fondate sull’esclusione e sull’odio dell’altro e del diverso da noi, l’insegnamento di Alex Langer è da tenere a mente.

Un mondo diverso lo si sogna e costruisce accettando le differenze, integrando e non escludendo. Facciamoci portatori di speranza.

Come lasciò scritto lui, «continuiamo in ciò che è giusto».