Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia, il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ieri ha sostenuto di avere un accordo anche con voi sul Recovery. Di cosa si tratta?
Con il ministro Cingolani incontrati da remoto. Abbiamo espresso interesse rispetto al proposito di avere il 70% delle fonti rinnovabili entro il 2030. Vedremo quali saranno i risultati. Suppongo che l’altro ieri Cingolani abbia partecipato al G7 sull’ambiente che ha detto di volere limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi come fissato nell’accordo di Parigi. Greenpeace ha fatto uno scenario che però è lontano da quello che leggiamo nel piano di «ripresa e resilienza» e dalle dichiarazioni dello stesso ministro. Quando Cingolani ne vorrà parlare saremo lietissimi di farlo, ma non ci sono accordi. Oggi, più che un ministero della transizione ecologica, il suo mi sembra uno della finzione ecologica.

Sulle trivelle Cingolani sostiene che il progetto era stato già autorizzato. Se non avesse proceduto, avrebbe compiuto un omissione di atti d’ufficio. Ci può aiutare a capire come stanno le cose?
Ci si ritrova in questa condizioni perché è stata fatta melina sul Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai). Più volte abbiamo chiesto di essere sentiti per capire cosa avessero in mente sull’offshore. Noi non siamo d’accordo sulle trivellazioni in mare. In un rapporto abbiamo dimostrato che nell’Adriatico non ci sono aree prive di specie ittiche. Non c’è nessun posto dove trivellare senza danno. È giunto il momento di smettere di tirare fuori dalla terra e dal mare combustibili fossili.

Sul nucleare Cingolani ieri ha detto di non fare «ideologia» ma «riflessione di mercato». In Europa c’è una cordata di paesi che ha chiesto di capire se i micro-reattori a fissione nucleare usati da grandi navi possano essere definiti «sorgenti verdi». Se lo fossero «implicherebbe un grosso cambiamento di regole» ha detto. Che ne pensa?
Mi sembra una prospettiva che non sta né in cielo né in terra. Dire che questo nucleare portatile è una tecnologia utile per il contrasto dei cambiamenti climatici è una follia. Esiste l’ipotesi della fusione nucleare, è un impegno tecnologico importante dal quale possono arrivare risultati interessanti anche in settori diversi dalla generazione di energia. Le previsioni più rosee prospettano l’avvio dei primi impianti intorno al 2050, un momento in cui dovremmo avere già azzerato le emissioni. Sembra che viviamo su due pianeti differenti. Sulla terra dobbiamo decidere cosa fare ora, non nel 2050″.