«Diciamo la verità: questo è uno spot elettorale e l’abbiamo capito tutti. Matteo Renzi è il segretario di un partito, si sta misurando con una difficile prova elettorale. Va bene, posso capirlo. Però poteva farla meglio».
Aldo Giannuli, storico consulente della Commissione stragi, è più che perplesso sulla desecretazione iniziata dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. «Comincio a pensare questa sia una trappola dei suoi collaboratori. Quando se ne accorgerà vediamo cosa deciderà di fare. Lascerà perdere, o dovrà decidere di fare sul serio».

È solo propaganda elettorale?

«Secondo me Renzi pensava di aver fatto veramente una cosa importante. Ma gli altri – e intendo l’ambientino che gli sta intorno – considerano con terrore la possibilità che siano aperti davvero gli archivi. Secondo me lo hanno dirottato volutamente su quel binario morto per scoraggiare ulteriori tentazioni di aprire gli armadi. Perché non mi venite a dire che Marco Minniti (il sottosegretario con delega ai servizi segreti, ndr) è un ingenuo».

Perché parla di «binario morto»?

«Perché Renzi si aspettava questo: “Nessuno è riuscito prima a togliere il segreto, ora arrivo io e faccio. Applausi. Finalmente è arrivato il presidente del Consiglio che desecreta”. Invece le reazioni sono state, quando gli è andata bene, fredde: “Va beh, ma sono cose tutto sommato già conosciute”. E quando gli è andata male: “Che ci stai vendendo, aria fritta?”. Per cui non è sicuramente l’esito che lui si aspettava. Così ora arriveranno i suoi collaboratori a dargli buoni consigli: “Dai, lascia stare, questi sono incontentabili, è inutile perché ti spareranno sempre addosso. Punta su altre carte”. Lascia perdere».

Però ormai la frittata è fatta.

«Bisogna vedere. L’uomo ci ha provato, secondo me in buona fede. Ha pensato di fare qualcosa sul segreto di Stato. Ora vediamo, se capisce di essere stato preso in giro e vuole approfondire la materia, di cose da fare ne ha tante».

Ad esempio?

«Per esempio proporre al presidente della Repubblica di rendere un po’ più accessibili i suoi armadi, che sono segretissimi e non verrebbero coinvolti dalla direttiva: la presidenza è un organo costituzionale e non un’amministrazione dello Stato. E poi fare finalmente questi decreti attuativi che aspettiamo da 7 anni sulla temporizzazione del segreto di Stato. Poi potrebbe fornire l’elenco e l’ubicazione di tutti gli archivi».

Ma di questi documenti esiste un elenco?

«Dipende da servizio a servizio. Quelli militari di solito sono molto precisi e disciplinati. Ci sono i fascicoli nominativi, per materia, per organizzazione, e ogni fascicolo ha i suoi sottofascicoli dipendenti».

Ha mai trovato documenti dei Servizi senza protocollo?

«Sempre! Quelli del ministero dell’Interno sono solo senza protocollo. Quelli del Servizio militare no, i militari di solito sono più precisi. Ma quelli dell’Ufficio affari riservati del Viminale normalmente non sono protocollati. Non parlo ovviamente della corrispondenza interna, ma delle note confidenziali. Ci puoi giocare a tresette con le carte del ministero dell’Interno, perché comunque le mescoli vanno bene».

Dove si trovano le informazioni interessanti?

«Sarebbe un miracolo se ponesse la questione in sede Nato: probabilmente lo manderebbero a quel paese. Però sarebbe il primo presidente del Consiglio ad aver avuto il coraggio di porre una questione del genere alla Nato».