Le foreste delle Dolomiti ovunque devastate in poche ore devono portare a scelte rapide. Al suolo ci sono circa 5 milioni di metri cubi di legname (In Italia si utilizzano 1 milione e 500 mila mc. di legname nazionale, il fabbisogno è di oltre 5 milioni), la capacità delle imprese boschive locali (Dolomiti) è valutabile in un utilizzo annuo di 500 mila mc. Dopo la calamità le strade forestali sono quasi tutte chiuse, presentano erosioni importanti che impediscono il transito alle moderne macchine operatrici forestali. Le foreste dolomitiche vivono una emergenza mai conosciuta nel passato, una emergenza che va governata.
Una emergenza ha bisogno di una regia forte, centralizzata. Si potrebbe istituire un commissario forestale delle Dolomiti supportato da tecnici periferici capaci di raccogliere i dati necessari, coordinare le emergenze, definire una scala di priorità di interventi, diffondere condivisione nelle scelte, preparare da subito percorsi di vendita di un prodotto che è pregiato. Tale scelta eviterebbe di far cadere su piccole amministrazioni pubbliche o su privati il peso di una organizzazione davvero insostenibile. E’ anche necessario che le procedure di appalti dei lavori siano straordinariamente semplificate.

Perché emergenza? Perché la viabilità forestale va riaperta nel più breve tempo possibile. Senza viabilità forestale non si lavora. Perché è scellerato sperperare un patrimonio anche economico, non solo naturale, di tali dimensioni. Lavorare entro giugno 2019 significa portare a piazzale legname ancora utilizzabile nell’industria degli arredi, nelle case clima. Il legname che si fatturerà da inizio estate in poi, diluito in un periodo di almeno tre anni, o sarà declassato a imballaggio (deprezzamento del 30%) o addirittura destinato agli impianti di teleriscaldamento a biomassa o alla produzione di pellets (deprezzamento superiore al 50%). Si dovrebbe investire in una sorta di commissariamento che abbia poteri nel gestire, anche presso segherie di oltre confine, quindi fino alla vendita, tutta la filiera del legno.

Non recuperare tale legname non è uno scandalo, tale massa organica produrrà fertilità dei suoli, ma impedirà ogni successiva azione tesa a mettere i versanti in sicurezza, a intervenire nei dovuti rimboschimenti con la rinnovazione artificiale. Questi dovranno portare attenzioni straordinarie: creare impianti multispecifici per avere in tempi brevi (50 anni) boschi misti, anche a quote medie, di conifere e latifoglie, diffondere biodiversità. Si tratta di costruire un sistema forestale reinventato in funzione dei cambiamenti climatici in atto: meno economia e più conservazione, più biodiversità e minori semplificazioni arboree.
Serviranno milioni di abeti, larici, aceri, faggi, servirà manodopera stagionale oltremodo potenziata, gestita dal servizio pubblico. Si deve avere presente che la sicurezza delle montagne garantisce sicurezza idrogeologica nelle città e nelle grandi pianure sottostanti.
Al mondo politico ora l’onere della scelta su come procedere.

* Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia,
Custode forestale a Moena (TN)