Il regista francese Alain Guiraudie non ha una filmografia sconfinata ma ogni sua opera è meditata e dirompente perché capace di tenersi in sospeso tra la concretezza e la brutalità della realtà sociale in cui viviamo e la voglia di reinventare mondi nuovi, legami diversi. In trent’anni di carriera ha firmato cinque lunghi, quattro corti, due medi tra cui Ce vieux rêve qui bouge che Godard vide alla Quinzaine nel 2001 ritenendolo il film più bello di tutta l’edizione in un anno in cui in concorso c’erano Rivette, De Oliveira, i Coen.

È stato anche attore (per sé, Mathieu Amalric e Marie-Claude Treilhou) e romanziere (Qui comincia la notte uscito in Italia nel 2014). Quando è iniziato il confinamento in Francia, era sul set del suo sesto lungometraggio: «Mancavano otto giorni alla fine delle riprese ma, dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza, il produttore ha dovuto chiudere il set che in quel momento era allestito in uno studio a Parigi per delle scene di interni che sono ancora lì come le abbiamo lasciate. In aprile abbiamo cercato di ricominciare senza successo, ci riusciremo l’8 giugno».

Che impatto avranno le misure sanitarie sulla lavorazione?
Da una parte ci sono i protocolli da rispettare, dall’altra non si può chiedere agli attori di recitare sempre a due metri di distanza reciproca. Come potremo filmare qualcuno che urla in faccia a un altro? Non lo so, al momento posso solo dire che ci saranno ricadute sulla messa in scena, bisognerà rivedere la scelta delle inquadrature cercando di isolare gli attori e poi intervenire al montaggio. Dovremo diminuire le persone sul set, come quando si girano scene di sesso e la troupe è ridotta al minimo. Fortunatamente siamo a un punto della lavorazione che si presta bene a queste limitazioni. C’è poi un altro problema: essendo trascorso del tempo, è cambiata la stagione. Il nostro film si svolge in inverno e ora gli attori dovranno sudare parecchio nei loro costumi di scena, le notti sono più corte e le tante scene in esterno notte dovranno essere realizzate in tempi più brevi. Inoltre, dovevamo girare nella regione Seine St. Denis, molto colpita dal Covid, e non ci hanno autorizzati. I passanti in abiti estivi sarebbero comunque stati un problema.

Di cosa parlerà il film, nel cui cast c’è almeno un’interprete nota anche in Italia come Noémie Lvovsky?
S’intitola Viens je t’emmène (vieni con me) ed è ambientato a Clermont-Ferrand durante un attentato terroristico. Il film segue l’intreccio tra due storie: Médéric è innamorato di una prostituta più grande di lui di nome Isadora e fa amicizia con un senza fissa dimora nella follia dei giorni post-attentato.

Non potendo girare, lei come ha trascorso questi ultimi tre mesi?
Non dovrei dirlo ma, essendo stato su un’isola quasi deserta in Bretagna, ho passeggiato molto. Ho cercato di recuperare un po’ di cose arretrate, ho letto, visto qualche corto ma non tanti film perché preferisco la sala vera e propria. Mi sono però goduto di nuovo le prime due stagioni di Twin Peaks che sono sempre una bellezza e rivedrei su ogni tipo di schermo.

Spesso nel suo cinema, da «Ce vieux reve qui bouge» a «Rester vertical», ci si trova immersi in un mondo sull’orlo del trapasso, minacciato da una fine irreversibile. È un immaginario che sembra farsi sempre più tangibile.
In effetti io racconto sempre il bivio tra passato e futuro, con una certa nostalgia per un passato che idealizzo. Il film che sto facendo ora riguarda ancora una lotta tra il mondo di ieri e quello di oggi ma non è legato all’attualità. In fin dei conti ci ho messo cinque anni per parlare di attentati terroristici in Francia, non inseguo mai la cronaca del presente. Sicuramente quel che sta accadendo ora mi ispirerà nel futuro: l’accentuarsi delle diseguaglianze sociali, il diffondersi del digitale, l’eccitazione dei transumanisti che cercano di cambiare il corpo umano… In realtà in queste settimane ho iniziato a scrivere un film post-apocalittico che potrei realizzare più avanti.

Anche il sogno, l’intreccio tra sonno e veglia, tra inconscio e conscio, sono nella sua opera sin da «Non c’è pace per Basile». Questi mesi le hanno dato modo di sognare?
Tra la preparazione e le riprese ho attraversato un periodo molto lungo in cui non riuscivo più a ricordarmi i sogni che sicuramente facevo e invece con il rallentamento del lavoro sono tornato a ricordarmeli. In effetti scrivere e sognare sono tra le mie attività preferite nella vita.

L’erotismo, così pregnante nel suo cinema, è una delle dimensioni su cui il virus e la sua gestione stanno incidendo. Cosa ne pensa?
Il Covid ha portato a termine un processo di distanziamento tra i corpi e di privatizzazione dell’eros già avviato dall’Aids. L’Aids però non aveva completamente ucciso il romanticismo. Ora ci ritroviamo di fronte a una certa valorizzazione della fedeltà, della coppia stabile, del privato. Penso però che le persone vi opporranno una certa resistenza, certamente faremo attenzione al virus ma più per spirito civico che per paura del contagio.

A inizio pandemia, quando si parlava di un virus che colpisce soprattutto gli anziani, cosa poi relativizzata, mi è venuto in mente l’erotismo con cui lei racconta i corpi anziani e proletari.
Sì, nel mio cinema esprimo un desiderio personale, che mi riguarda: mi piace il grasso e mi piacciono le rughe. In più, questo immaginario è anche una reazione politica contro l’esempio di bellezza suprema che si è imposta dagli anni Ottanta con corpi giovani, magri e muscolosi. Io invece ritengo che i grassi, bassi e brutti abbiano diritto all’erotismo, alla sessualità, alla sensualità, all’omosessualità. Da certe norme deriva anche il diverso valore che si dà alle vite giovani rispetto a quelle anziane ma mai come ora i vecchi sono attivi, la vecchiaia si sposta in avanti e la società insegue l’immortalità. Infatti, abbiamo assistito immediatamente a molte reazioni in difesa degli anziani e una certa doxa ora è meno sostenibile.

Tornerà a pubblicare romanzi o «Qui comincia la notte» resterà un caso unico?
Dal 2016 sto scrivendo un romanzo piuttosto lungo, l’avevo abbandonato per scrivere il mio nuovo film, spero di riuscire a finirlo ma ci vorrà del tempo.