Cuore del vecchio triangolo industriale novecentesco, il Piemonte ha patito più di altre regioni la lunga crisi decennale da cui non è ancora uscito. Il reticolare e diffuso indotto Fiat, Fca nella nuova denominazione, si è impoverito, e le ultime crisi di Embraco, Comital e Pernigotti, per citarne alcune, danno il segno di un settore industriale, un tempo spina dorsale, boccheggiante. Il Pil pro-capite risulta il più basso tra le regioni del Nord, la disoccupazione è, invece, in leggero calo (si va dal 10% di Alessandria al 4,3% della ricca Cuneo); i freddi dati comunicano una lieve ripresa, ma i benefici non sono ancora stati avvertiti dai 4,4 milioni di piemontesi.

COME TORINO, il capoluogo, anche il Piemonte è in cerca della sua identità, del suo futuro. Domande, che per ora, non infuocano la sonnacchiosa campagna elettorale delle regionali. L’attuale presidente, Sergio Chiamparino, Pd, politico navigato e dalla lunghissima esperienza, prova a resistere al vento del centrodestra, che si gonfia della popolarità salviniana ma presenta un – poco noto – berluscones, Alberto Cirio, langarolo, già assessore di Cota e poi europarlamentare di Forza Italia. Il Piemonte è l’ultima regione del Nord a essere governata dal centrosinistra e proprio su questo aspetto, sull’essere un baluardo simbolico, punta Chiamparino, scacciando più in là lo spettro dell’astensione (anche e soprattutto a sinistra), che sarà il vero ago della bilancia.

Prologo, più movimentato, della campagna elettorale sono state le manifestazioni Sì Tav che hanno attraversato l’inverno torinese con il gruppo delle «madamin» accerchiato dai media e strattonato da una parte politica e dall’altra. Alla fine, una delle sette organizzatrici, Giovanna Giordano Peretti, sarà candidata in una lista a favore di Chiamparino, pro Tav ante litteram, mentre Mino Giachino, il vero motore dei sit-in a favore dell’alta velocità, sarà con Cirio. Tra i candidati a presidente solo il pentastellato Giorgio Bertola, consigliere regionale uscente, ha una posizione contraria, ma la luna di miele dei 5S con la Val di Susa, alla luce del governo gialloverde, è ormai esaurita.

LA CONTESTATA Torino-Lioneontinua a essere un tema centrale nella politica regionale come in quella nazionale. Ma, fuori dagli slogan, è davvero difficile considerarla la priorità del Piemonte. A sinistra di Chiamparino non c’è nessun candidato. A inizio aprile, Rifondazione ha gettato la spugna sottolineando l’impossibilità, nonostante gli sforzi, di uno schieramento unitario di sinistra alternativa. In coalizione con l’attuale governatore ci sono posizioni critiche sull’alta velocità e sono rappresentate da Liberi Uguali Verdi, il simbolo che riunisce Articolo Uno, Sinistra Italiana, Possibile e Verdi. Marco Grimaldi, capogruppo uscente di Leu, è l’artefice dell’inedita alleanza: «In questi anni abbiamo risollevato la Regione dal default finanziario e morale targato Lega. Ci sono ancora molte cose da cambiare, su cui abbiamo un giudizio critico.

La Tav è fra queste e noi non cambiamo idea. Ma di tante azioni andiamo orgogliosi. Senza la sinistra difficilmente sarebbero state ottenute». Nonostante le differenze col Pd, Grimaldi rivendica i risultati raggiunti in maggioranza: «Abbiamo reso il diritto allo studio universitario spesa obbligatoria, garantendo il 100% delle borse; fatto approvare nostre leggi e delibere sulla giusta retribuzione, sulla tutela dei lavoratori delle piattaforme digitali, sui fondi salva sfratti e salva mutui, sulla limitazione del gioco d’azzardo, sulla difesa della 194 e della Pma, sull’uso terapeutico della canapa». E sulla nascita di Luv a sostegno di Chiamparino: «Abbiamo unito le nostre storie ed energie per far vincere un Piemonte più giusto e solidale, capace di invertire i pronostici. E faremo di tutto per non consegnare la regione a Salvini e ai suoi alleati».

GLI ULTIMI SONDAGGI pubblicati vedono Cirio e Chiamparino appaiati al 40-41%; il secondo è in recupero, nonostante sia quotato di un risultato inferiore rispetto al 2014. Altri tempi, la Lega era al 7,3% ora viene data al 29. Chi vincerà lo farà, comunque, al filo di lana. Bertola è al 16%, non teme il disgiunto: «Noi sappiamo perché dieci anni fa abbiamo iniziato a fare politica: centrodestra e centrosinistra hanno indebitato la regione, e non potrei mai allearmi con loro. Soprattutto con la coalizione di Chiamparino, che aveva detto che non si sarebbe ricandidato e il giorno dopo ha cambiato idea».

Legambiente ha invitato ai candidati 30 domande e la richiesta di un impegno contro il surriscaldamento, a favore della mobilità sostenibile (con la riattivazione delle linee ferroviarie minori tagliate da Cota nel 2012) e contro il consumo del suolo. Domande che, come risposta, non meriterebbero i soliti slogan ma coerenza.