In serata al Viminale preferiscono far prevalere la diplomazia: «Non sarà facile, ma la ministra ha una grande capacità di mediazione e sarà in grado di risolvere eventuali divergenze», spiega un funzionario. Parole felpate, com’è comprensibile, che però nascondono solo in parte la preoccupazione che l’arrivo, anzi il ritorno, del leghista Nicola Molteni al ministero dell’Interno come uno dei tre nuovi sottosegretari (gli altri due sono Ivan Scalfarotto, di Iv, e il pentastellato Carlo Sibilia, riconfermato), possa trasformarsi in un possibile ostacolo al lavoro svolto fino a oggi dalla ministra Luciana Lamorgese. Anche perché a precedere Molteni ci sono i numerosi attacchi rivolti dai social alla titolare del Viminale sulla delicatissima questione migranti, attacchi che non fanno presagire nulla di buono ma che ora, volente e no, il leghista dovrà per forza mettere da parte.

Molteni, l’uomo che ha scritto i decreti sicurezza, ieri ovviamente ha rivendicato il lavoro svolto con Matteo Salvini quando ai vertici del ministero c’era il leader della Lega: «I decreti sicurezza non furono un errore, li rivendico con orgoglio e dignità. Sono stati strumento non solo di sicurezza ma di legalità e civiltà» ha proclamato. Salvo poi smussare i toni spiegando che sui temi caldi una soluzione con la ministra «si deve trovare», servono «dialogo, confronto e collaborazione».

In realtà, al di là delle dichiarazione rilasciate a uso e consumo dell’elettorato leghista, la possibilità che i porti tornino a chiudersi per le navi delle ong sembrano davvero ridotte. Sia perché la delega sull’immigrazione è nella mani della ministra che non è certo tipo da farsi impressionare dai proclami leghisti. Ma soprattutto perché la linea adottata finora (in continuità con il governo Conte 2) è stata discussa e condivisa da Lamorgese con il premier Draghi. Attaccarla oltre la semplice propaganda significherebbe quindi aprire una crepa pericolosa.

E questo sembra averlo capito anche Salvini che non a caso ieri, parlando del ritorno di Molteni al Viminale, sulla questine migranti ha preferito sorvolare, ignorare l’argomento come ha fatto nei giorni scorsi, quando i migranti sbarcati sono stati centinaia, preferendo concentrarsi su tutt’altro: «Sono contento che un uomo di legge come l’avvocato Molteni torni al Viminale perché di alcuni dossier che avevamo pronti, penso al taser e alla pistola elettrica, non se ne ha più notizia. Cercheremo di capire – ha promesso – perché da un anno e mezzo non si è fatto più nulla».