Poco più di un anno fa gli Emirati si erano distinti per l’apertura di Shams 1, la centrale solare più grande del mondo: una enorme distesa di specchi parabolici in un’area pari a 285 campi da calcio. Ora invece per il via libera all’entrata in funzione della centrale nucleare di Barakah, la prima nel mondo arabo. Abu Dhabi fino a qualche anno fa si diceva pronta ad investire il più possibile sulle energie rinnovali. Ora procede rapidamente verso la produzione dell’energia potenzialmente più pericolosa. E non vanno sottovalutati i risvolti politici nella regione dell’annuncio fatto dal rappresentante permanente del paese, Hamad Al Kaabi, all’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

 

L’impianto di Barakah, situato a 53 km ad ovest dalla città di Ruwanis, è frutto della collaborazione tra un consorzio guidato da Emirates Nuclear Energy Corporation (ENEC) e Korea Electric Power Corporation (KEPCO) e di un investimento di 22,5 miliardi di euro. Quando saranno pienamente operativi i quattro reattori di Barakah produrranno 5.600 megawatt di elettricità, circa il 25% del fabbisogno del paese che ha nel petrolio la propria principale fonte di approvvigionamento energetico. Ma le riserve di greggio non sono infinite e il paese cerca di diversificare le sue fonti, grazie anche alla grande disponibilità di capitali da investire. Il consumo di energia negli Emirati è di gran lunga superiore alla media mondiale a causa dell’uso costante dei condizionatori d’aria di fronte a temperature che da aprile a ottobre superano sempre i 40 gradi. Anche gli impianti di dissalazione dell’acqua marina richiedono molto energia elettrica.

 

Gli Emirati hanno superato gli alleati/rivali Egitto e Arabia saudita nella corsa al nucleare “arabo”. E sfidano sul terreno della tecnologia l’Iran in possesso da anni di impianti per la produzione di energia atomica. Tehran però per le sue centrali è soggetta a controlli rigidissimi previsti da un accordo internazionale firmato nel 2015 (sempre più traballante) e alla pressione incessante, politica ed economica, dell’Amministrazione Usa. Invece i monarchi del Golfo vanno avanti senza intoppi e la svolta verso il nucleare non suscita preoccupazioni e interesse in giro per il mondo.

 

Così come non genera interesse la partecipazione di Abu Dhabi alla guerra saudita nello Yemen, che ha causato molte migliaia di morti tra i civili, e alle violazioni dei diritti umani. Resta nel carcere di Al Sadr, Ahmed Mansoor, insignito di premi per i difensori dei diritti umani ed ex collaboratore di Human Rights Watch. Due anni fa Mansoor è staro condannato a dieci anni per «offesa allo status e al prestigio degli Emirati e dei suoi simboli, compresi i suoi leader» e per aver descritto il paese come «una terra senza legge». Di questa storia e delle leggi liberticide, la comunità internazionale si disinteressa. Gli Emirati sono un generoso acquirente di armi e un partner affidabile per investimenti faraonici. Quest’anno ospiteranno l’Expo.