Al via la distribuzione del vaccino Pfizer/Biontech. Il Regno unito batte tutti e Trump esulta
Già ordinate dagli inglesi 40 milioni di dosi Il presidente uscente degli Usa: «Grazie a Brexit siamo stati in grado di non andare al passo degli europei». Critica l'Agenzia europea del farmaco
Già ordinate dagli inglesi 40 milioni di dosi Il presidente uscente degli Usa: «Grazie a Brexit siamo stati in grado di non andare al passo degli europei». Critica l'Agenzia europea del farmaco
E gli ultimi a prevenire furono i primi a curare. Con una tempistica che nemmeno Usain Bolt, la Medicine and Healthcare Product Regulatory Agency (Mhra), l’genzia del farmaco britannica, ha approvato il vaccino Pfizer/BioNTech. È sicuro, lo si può somministrare immediatamente già dalla prossima settimana. Il paese ne ha già ordinate 40 milioni di dosi, con le quali inoculare 20 milioni di persone in due somministrazioni, a una ventina di giorni di distanza l’una dall’altra.
I primi a riceverlo saranno gli anziani delle case di cura – gruppo decimato dalla pandemia – e lo staff delle medesime, seguiti dagli ultraottantenni, altre categorie vulnerabili e i lavoratori nel settore dei servizi sociali. Le prime 800mila dosi arriveranno dallo stabilimento belga della Pfizer. Altri «svariati milioni» di dosi arriveranno entro dicembre. Questo vaccino, che va conservato a 70 gradi sotto zero, sarà trasportato in scatole speciali da 5mila dosi nel ghiaccio secco. Può resistere cinque giorni in frigo e una volta fuori va usato entro sei ore.
Critica l’Ema, la controparte europea dell’Mhra, che si pronuncerà sul vaccino entro la fine di dicembre: un suo portavoce ha definito l’iter europeo come il meccanismo regolativo più efficace e sicuro perché basato su verifiche più approfondite. Anche gli Stati Uniti, nonostante gli spasmi di Trump, si pronunceranno «solo» il prossimo 10 dicembre. Il ministro della sanità Hancock è stato invece lesto ad accalappiare «biopoliticamente» il prodotto: «Grazie a Brexit siamo stati in grado di prendere questa decisione basandoci sull’agenzia regolatrice britannica, che è di livello mondiale, e di non andare al passo degli europei» aggiungendo che il paese ha effettuato gli stessi controlli e verifiche del resto dell’Unione, solo in modo più rapido. Gli hanno fatto eco le parole non proprio alate di Alok Sharma, il ministro del Commercio: «Negli anni ci ricorderemo di questo momento come del giorno in cui il Regno Unito ha guidato il mondo nella carica contro la malattia».
Tanto sbrodolarsi sulla propria, incurabile tendenza a primeggiare è un classico del canzoniere dei Tories ossessionati dall’eccezionalismo britannico ma ha anche due motivazioni tattiche precise. In primis, oscurare le proprie responsabilità nella cifra record dei decessi e nell’aver imposto tardivamente i confinamenti necessari nelle prime fasi della pandemia (e Johnson ancora patisce non pochi dissensi nel suo stesso partito per aver «azzoppato» l’economia con i lockdown); e poi – naturalmente, a ormai pochi giorni dall’ora zero del 31 dicembre – godersi finalmente l’agognato controllo del proprio destino lontano dai tentacoli del polipo di Bruxelles. Tanto che Johnson avrebbe voluto che nei flaconi della salvezza fosse impresso l’Union Jack: come sulla Mini o la chitarra di Noel Gallagher.
Per questo il governo aveva investito l’agenzia dei poteri necessari per catapultare in avanti il processo decisionale – i dati dalla Pfizer/BioNTech erano arrivati appena lo scorso 23 novembre – in modo da potersi pronunciare entro il primo gennaio 2021, quando il paese sarà definitivamente fuori dall’Ue e quindi anche dalla giurisdizione europea in materia sanitaria.
Particolarmente piccati i commenti della Germania. L’ambasciatore tedesco a Londra, Andreas Michaelis, via Twitter: «Perché è così difficile riconoscere questo importante passo avanti come un grande sforzo e un successo internazionali? Non penso proprio che questa sia una storia nazionale. Nonostante il contributo cruciale dell’azienda tedesca BioNTech, tutto questo è europeo e transatlantico». Qualunque paese europeo avrebbe potuto accelerare il processo di verifica, se solo avesse voluto, scegliendo di no per il bene di un briciolo di sicurezza in più. Il vaccino è frutto di un processo di norma lungo un decennio compresso in 10 mesi, non si sa quanto durerà l’immunità né se i vaccinati cesseranno anche di essere contagiosi, tutto quello che si sa sul suo 95% di efficacia è contenuto in comunicati aziendali. C’è da sperare che non finisca come con quei software la cui prima versione è quasi sempre piena di bug.
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