L’immagine delle città deserte per il lockdown, gli allenamenti in solitudine degli atleti. Poi, la sfilata dei Paesi, per prima la Grecia, che detiene il copyright sul conio delle Olimpiadi, poi, la nazionale dei rifugiati, i portabandiera, con la stella italiana della pallavolo, Paola Egonu, a rappresentare l’Europa. Eppoi il braciere (un sole che si apre come un fiore), alimentato per la prima volta a idrogeno, acceso dalla fuoriclasse di casa, Naomi Osaka, numero due del tennis mondiale. Alcuni dei passaggi chiave della cerimonia di inaugurazione dei Giochi di Tokyo 2020, che si svolgono un anno dopo, a causa della pandemia ricordano che sono, appunto i Giochi della pandemia, lontani anni luce dalla festa di Rio e dai Beatles portati sul palco a Londra 2012.

ATLETI, DIRIGENTI, Anche chi ha osservato la cerimonia dal divano di casa, tutti testimoni per la storia: delegazioni con atleti in mascherina che hanno sfilato nello Stadio Olimpico della capitale giapponese totalmente vuoto, se non fosse per i posti occupati dalle delegazioni, per la presenza dell’imperatore nipponico Naruhito. In totale, quasi mille persone, con 800 ospiti, tra cui il premier francese Macron e la consorte del presidente degli Stati Uniti, Jill Tracy Jacobs Biden.

Un evento unico, il più costoso di sempre (28 miliardi di dollari, la spesa prevista era di circa 7,5 miliardi) si spera non replicabile, senza neppure la certezza che i Giochi, che si chiudono l’8 agosto, siano portati effettivamente a termine. Dipende tutto dal ritmo dei contagi, con Tokyo che si presenta al via della competizione con la percentuale più alta di contagiati degli ultimi sei mesi. Ma dipenderà anche dal numero di atleti positivi (sono oltre 80, l’escalation di casi preoccupa), soprattutto da un potenziale cluster, senza soluzione, all’interno del Villaggio Olimpico.

LA PREOCCUPAZIONE per l’andamento dei Giochi in base all’incidenza del Covid-19 si è riflesso anche nelle parole di Hashimoto Seiko, presidente del Comitato organizzatore, con un profilo basso sul palco dopo aver preso in ipotesi nei giorni scorsi anche la cancellazione dell’evento: «Grazie alle migliaia di persone che hanno dato una mano a rendere possibile questi Giochi. Abbiamo lavorato per mettere in piedi un evento in cui gli atleti, i giapponesi e gli ospiti in arrivo dal resto del mondo possano sentirsi sicuri». Anche Thomas Bach, numero uno del Comitato olimpico internazionale, è costretto a volare basso, dopo aver escluso la possibilità di annullare i Giochi, opzione che per contratto spetta solo al Cio: «Saranno Giochi differenti. La sicurezza sarà la priorità. Arriva il ringraziamento al Giappone per il gran lavoro e l’augurio che le Olimpiadi siano una celebrazione di pace e solidarietà per il mondo intero».

MA IN ATTESA di evoluzioni, resta la cerimonia olimpica. Volutamente minimale, con buona parte della sceneggiatura, soprattutto i passaggi più spettacolari, che sono stati cancellati a causa della pandemia. Colonna sonora e scenografia ispirate al mondo dei videogiochi e dei fumetti manga, niente karaoke, vari passaggi tra la tradizione e l’innovazione giapponese (il Paese orientale investirà 51 miliardi sull’hi-tech in tre anni). Tutto con il freno a mano tirato, evidente il timore di spingersi oltre, causa Covid-19. Che è ovunque, si vede ovunque.

FORSE, TRA I MOMENTI di divagazione ci sono stati i pittogrammi animati per gli sport olimpici, creati dai giapponesi per le Olimpiadi di Tokyo del 1964 e poi adottati in tutto il mondo. E anche la battaglia delle celebri griffe che hanno firmato la divisa delle delegazioni (Ralph Lauren, Lacoste, Armani), anche se quella del celebre stilista italiano disegnata per gli azzurri non è stata particolarmente apprezzata sui social.

LA CERIMONIA È stata anche politica. E non solo per la presenza della nazionale di atleti rifugiati, che competerà in 12 discipline. C’è stato il significativo passaggio della Russia, squalificata per lo scandalo del doping di Stato. Russi a sfilare con una bandiera scelta dal Cio. E anche un minuto di silenzio per sigillare una ferita lunga 49 anni, onorando la memoria degli 11 israeliani morti in occasione dell’attentato palestinese ai Giochi di Monaco 1972, con il Comitato olimpico internazionale che ha esaudito la richiesta dei parenti delle vittime. «Meglio tardi che mai», ha commentato il ministro della cultura israeliano Hili Tropper che ha ringraziato il presidente del Cio Thomas Bach per il gesto riparatore. Lo stesso Bach si era augurato l’assenza di gesti politici in questa edizione dei Giochi, smentito immediatamente nei tornei di calcio e non solo, con diverse nazionali inginocchiate contro il razzismo.

E c’è politica anche nella scelta del judoka algerino Fethi Nourine, che si è ritirato prima dell’eventuale sfida con l’israeliano Tohar Butbul. Per lui la causa palestinese vale più della presenza ai Giochi.