Nell’annuale rapporto Coop su consumi e stili di vita degli italiani, presentato l’altro ieri in una sala del Centro svizzero a Milano, si legge che il 53 per cento delle 1.500 persone e dei mille tra imprenditori, amministratori delegati e liberi professionisti interpellati adotta «un nuovo sistema di valori» rispetto al cibo. Un italiano su sei dichiara di adeguare la propria dieta all’impatto che questa ha sul clima.

SONO I COSIDDETTI «CLIMATARIANI», un neologismo coniato da ricercatori dell’università di Oxford e reso pubblico dal New York Times per indicare chi adegua la propria dieta in maniera da non nuocere al clima. Questa «nuova tribù alimentare» – che si aggiunge a vegani, vegetariani e pescetariani – non guarda solo alla propria salute ma all’impatto ambientale dei prodotti che acquista e mette in tavola. L’88 per cento delle persone interpellate nel dossier associa al cibo il concetto di sostenibilità, che per il 33 per cento significa avere un metodo di produzione rispettoso, per un altro 33 per cento attenzione agli imballaggi, per il 21 per cento è sinonimo di filiera e origine e per il 9 per cento di responsabilità etica.

GLI ITALIANI RICONOSCONO nel riscaldamento climatico «il principale fattore di cambiamento del cibo del futuro, sia prevedendone una maggiore scarsità a causa del climate change, sia immaginando che per salvare il clima occorrerà cambiare la nostra alimentazione», si legge nel dossier, anche grazie alle innovazioni introdotte dalla scienza e dalla tecnologia. Via libera, dunque, ai cibi vegetali dal sapore di carne e a base di alghe, alla farina di insetti e alla carne prodotta in laboratorio. Una rivoluzione che secondo Coop è già in corso, visto che nel 2020 sono stati investiti 6,2 miliardi di dollari in cibi e bevande di prossima generazione.

LA PIU’ GRANDE COOPERATIVA della grande distribuzione d’Italia è impegnata da tempo in politiche di sostenibilità ambientale. Ha aumentato in maniera progressiva la percentuale di plastica riciclata nelle bottiglie e ha ridotto la grammatura degli imballaggi, ha imposto regole stringenti agli allevamenti e vietato pratiche crudeli nei confronti degli animali come il taglio della coda dei suini negli allevamenti intensivi e la soppressione dei pulcini maschi, mentre incentiva tutte le pratiche che riducono gli sprechi di acqua e di terreno, come le coltivazioni idroponiche.

«SIAMO STATI I PRIMI A PROMUOVERE l’allevamento senza antibiotici e gli unici per ora a espellere il glifosato dalla coltivazione dei nostri prodotti freschi», dice l’amministratrice delegata Maura Latini. «Il governo dovrebbe sostenere i consumi eco-sostenibili», aggiunge il presidente Marco Pedroni.

IL RAPPORTO SPIEGA COME GLI ITALIANI abbiano modificato in profondità le loro abitudini durante la pandemia ed evidenzia la nuova centralità della casa rispetto ai luoghi di lavoro tradizionali e a quelli di aggregazione. Racconta della svolta proteica e vegetariana rispetto alle diete carnivore e ricche di carboidrati, delinea un futuro senza il gigantismo dei centri commerciali e con punti vendita più piccoli e «ibridati» con il digitale.
Il rischio è che sulla strada della sostenibilità si abbatta ora la mannaia di un aumento incontrollato dei prezzi, in una spirale inflattiva che peserebbe sulle tasche degli italiani, già in difficoltà per la pandemia.

NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2021 sono diminuiti dello 0,7 per cento, ma i costi delle materie prime e dell’energia stanno aumentando in maniera vertiginosa e questo di qui a qualche mese potrebbe riflettersi sugli scaffali dei supermercati. «Si profila una situazione in cui la domanda interna resta bassa e l’inflazione da costi esterni può avere effetti depressivi importanti sulla congiuntura economica», dice ancora Pedroni.

L’ITALIA SI STA RIMETTENDO IN MOTO dopo i lockdown, c’è ottimismo ma la ripresa è ancora fragile e rischia di essere soffocata prima ancora che faccia sentire i suoi effetti. 27 milioni di italiani nel 2021 sono stati costretti a fare delle rinunce perché in situazioni di disagio economico, cinque milioni temono ancora di non riuscire a mettere insieme il pranzo e la cena nel prossimo futuro.
L’obiettivo è arrivare ad un «prezzo giusto», che non scarichi solo sui consumatori la spirale inflattiva e tenga conto della sostenibilità ambientale e pure di quella sociale.