Ha un contenuto solo politico o anche religioso il nazionalismo di Moqtada al Sadr, ‎religioso sciita e leader dell’eterogenea lista elettorale irachena degli “Uomini in ‎cammino” (Sairun)? La presa di distanza dall’Iran fatta dall’ex oppositore (a capo ‎dell’Esercito del Mahdi) dell’occupazione anglo-americana dell’Iraq, pare avere ‎anche una motivazione religiosa. E non potrebbe essere altrimenti visto che al Sadr, ‎malgrado non abbia mai raggiunto il livello più alto di istruzione nelle ulum ‎diniyya, le scienze religiose, è comunque figlio di Mohammed Sadeq al Sadr, una ‎delle personalità più rispettabili tra gli sciiti, assassinato a Najaf nel 1999, e cugino ‎del celebre Imam Musa al Sadr, il fondatore in Libano della “Lega dei Diseredati” – ‎scomparso nel nulla durante un viaggio in Libia – dalla quale sarebbe sorto il ‎movimento Amal, organizzazione militante della riscossa sciita nel Paese dei cedri. ‎Al Sadr nella sua azione politica fa riferimento alle differenze tra lo sciismo ‎iracheno e quello iraniano e, più di tutto, alla diversità tra il pensiero dell’ayatollah ‎Ali Sistani di origine iraniana ma da decenni a Najaf, la città santa sciita in Iraq, e la ‎guida suprema e ayatollah iraniano Ali Khamenei.

‎ Quando l’ayatollah Hossein Borujerdi indiscusso marja al taqlid (fonte di ‎emulazione) tra i musulmani sciiti morì a Qom nel 1962 senza aver prima indicato ‎un chiaro successore, emersero due distinti campi: una maggioranza legata ‎all’ayatollah Mohsin Hakim a Najaf e una minoranza che aveva il suo riferimento ‎nel sempre più influente e intraprendente ayatollah iraniano Ruhollah Khomeini ‎teorico della wilayat al faqih, la “tutela del giurisperito”, la sua idea di governo ‎clericale che modellò la Repubblica Islamica dell’Iran dopo la rivoluzione del 1979‎‏.‏‎ ‎Ali Sistani, 88 anni, e Ali Khamenei, 79, sono i successori di Hakim e Khomeini. E ‎nonostante il dialogo esistente tra i due – tradotto nella decisione comune di ‎rimuovere dalla carica di primo ministro iracheno Nuri al Maliki nel 2014 – sono ‎portatori di filosofie politiche diverse‏.‏‎

Khamenei, sulla base della wilayat al faqih, che lo accredita della interpretazione ‎autentica e corretta della sharia, sovrintende a ogni azione del Parlamento, comanda ‎le forze armate e il suo parere è definitivo sulle questioni centrali in politica estera ‎ed interna dell’Iran. Al contrario Sistani si tiene lontano da qualsiasi ruolo politico ‎diretto in Iraq anche se le sue opinioni sono tenute in grande considerazione. Nel ‎‎2014 il suo appello a combattere lo Stato islamico mobilitò decine di migliaia di ‎sciiti contro il Califfato proclamato nel nord dell’Iraq e della Siria da Abu Bakr al ‎Baghdadi. Sistani è visto come marja al taqlid oltre i confini iracheni. Gli ‎importanti religiosi sciiti Hassan al Saffar (saudita) e Ali Salman (Bahrain), ‎guardano all’ayatollah iracheno. E vicino a Sistani era anche lo stimato ayatollah ‎libanese, Mohammad Hussein Fadlallah, morto qualche anno fa, che pure aveva ‎svolto un ruolo di primo piano nella fondazione negli anni Ottanta di Hezbollah, il ‎movimento sciita libanese sponsorizzato da Khomeini, di cui oggi è leader Hassan ‎Nasrallah sostenitore della wilayat al faqih. ‎

Muqtada al Sadr al di là dei suoi calcoli politici e delle influenze regionali alle ‎quali pare essere soggetto, fonda il suo nuovo approccio nazionalista almeno in ‎parte sulla convizione che la scuola teologica irachena, rappresentata da Ali Sistani, ‎è più seguita e considerata dagli sciiti nel mondo rispetto quella iraniana. Tuttavia ‎Sistani è molto anziano e la sua morte, a giudizio di molti, potrebbe creare un ‎vuoto. I possibili successori sono indicati negli ayatollah Muhammed Said al ‎Hakim, Muhammed Ishaq al-Fayadh e a Bashir Hussein al-Najafi, tutti a Najaf‏.‏‎ Non ‎avendo i titoli religiosi e il carisma necessario, al Sadr non aspira certo al ruolo di ‎marja al taqlid e di guida spirituale. Tuttavia non mancherà di far sentire tutto il ‎suo peso sugli organismi religiosi sciiti quando arriverà il momento di nominare il ‎successore di Sistani, preoccupandosi di garantire la nomina dell’ayatollah meno ‎legato all’Iran, in continuità con gli insegnamenti di Ali Sistani e, ovviamente, ‎vicino alla sua visione attuale dei rapporti tra Baghdad e Tehran. ‎