Si affilano le armi per il terzo venerdì di Ramadan. E Sisi chiama a raccolta i contestatori del 30 giugno: i ribelli di “Tamarrod” e i gruppi di opposizione ora al governo che sono scesi in piazza per chiedere la deposizione di Morsi. Intervenendo all’Accademia militare di Alessandria, il ministro della Difesa Abdel Fattah Sisi ha chiesto agli egiziani di manifestare a sostegno di militari e polizia. «Chiedo a tutti gli egiziani onesti di scendere in piazza per darmi il potere di affrontare violenza e terrorismo», ha detto Sisi: insomma carta bianca per sgomberare gli accampamenti islamisti. Ha parlato poi per la prima volta in pubblico del suo rapporto con il deposto presidente Morsi, assicurando di non averlo «tradito» e accusandolo di non aver accettato di tenere un referendum sul prosieguo del suo mandato. Da parte loro, i giovani di Tamarrod hanno immediatamente dato il loro sostegno alla manifestazione di venerdì. Il leader dei Fratelli musulmani Essam Erian ha accusato Sisi di aver assassinato donne e bambini alla Guardia repubblicana, altri islamisti hanno parlato di chiamata per «la guerra civile». La Fratellanza organizzerà per questo una contro manifestazione con lo scopo di riaffermare la legittimità del risultato elettorale. Ieri è stata presa d’assalto una stazione di polizia nella città del Delta di Mansoura: nell’aggressione una persona è morta e decine sono i feriti. Contemporaneamente, è arrivata anche la notizia che l’amministrazione degli Stati uniti ritarderà la consegna di aerei da combattimento F-16 per timori sulla situazione del paese. Inoltre, la consegna avverrà in quattro fasi, condizionate dalla nuova transizione democratica. Il Segretario di Stato John Kerry ha chiamato il vice presidente Mohammed El-Baradei e il ministro degli Esteri egiziano Nabil Fahmi per discutere degli ultimi preoccupanti sviluppi. Dal canto suo, il Segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki Moon ha avvertito del pericolo che la situazione degeneri. Infine, si aggrava la crisi nel Sinai. Due soldati egiziani sono stati uccisi e altri tre feriti in una serie di attacchi dei gruppi armati nella penisola del Sinai. E proprio presso il confine con Gaza sono rimasti di nuovo bloccati i cinque volontari del convoglio “Music for peace” in attesa di oltrepassare la frontiera. «Vorrebbero farci lasciare qui gli aiuti umanitari, ma noi lotteremo per portarli a destinazione», ci spiega Sandra Vernocchi della Ong genovese.