Se fosse un film, la storia dei tredici lavoratori licenziati dal Bingo Family di Misterbianco, potrebbe intitolarsi “I giocati”. Già, perché dopo dodici anni di servizio nella grande sala Bingo poco fuori Catania, ad essere “giocati”, stavolta, sono stati loro. Licenziati alla vigilia di Natale e subito rimpiazzati con nuovo personale, più giovane e, soprattutto, portatore di sgravi e ghiotti incentivi. Insomma, un piccolo assaggio di quello che potrebbe avvenire, sistematicamente, col Jobs Act di Renzi. Ma andiamo con ordine.

La storia del Bingo di Misterbianco inizia una dozzina di anni fa. Ad aprirlo è un barbiere della zona, Franco Molino, potentissimo e influente personaggio delle periferie ovest di Catania – Nesima e Montepò – dove gestisce anche delle ricevitorie e altre attività. A metà di quest’anno, apparentemente per ragioni economiche, Molino chiude il Bingo. A rilevarlo, attraverso un concordato preventivo, è un dentista catanese, Umberto Gulisano, che come primo atto caccia tredici dei venti ex dipendenti, ossia tutti quelli che – parrebbe – non sono imparentati con Molino: «Una decisione presa senza alcun giustificato motivo – ha spiegato il segretario generale della Filcams Cgil di Catania, Salvo Leonardi, nel corso di una protesta che si è tenuta sotto la sede della nuova società -. Abbiamo incontrato i nuovi amministratori insieme ai nostri legali ma non abbiamo ancora ricevuto una risposta seria».

In realtà, Gulisano una risposta, per quanto laconica, l’avrebbe già data. «A casa mia si fa come dico io», ha dichiarato ai cronisti che sono riusciti a contattarlo prima che si barricasse dentro lo studio dentistico situato nella centralissima via D’Annunzio – sotto cui si è svolta la protesta dei lavoratori – per l’occasione presidiato da vigilantes armati.

Un muro, quello eretto da Gulisano, che il sindacato proverà ad abbattere già lunedì in prefettura dove le parti sono state convocate su richiesta della Cgil. Tanti i punti su cui i sindacalisti chiederanno chiarezza, a partire da alcuni “vasi comunicanti” che sembrano collegare la vecchia società di Molino a quella di Gulisano. Ma la prefettura non è l’unica sede su cui il sindacato gioca questa complicatissima partitia: «Auspichiamo – dice Claudio Longo della segreteria provinciale della Cgil – nel caso fosse necessario, che la magistratura compia verifiche e accertamenti per evitare che oltre alle anomalie riscontrate vi siano altre attività poco trasparenti».