«Abbiamo perso una battaglia identitaria importantissima». È stanco, Alberto Airola. Il senatore torinese che da sempre sottolinea la sua identità No Tav, movimento al quale ha partecipato fin dal 2004, nei giorni scorsi aveva cercato una strada alternativa da proporre al premier Giuseppe Conte. Quel percorso passava per la ridiscussione dell’opera da parte dei membri della Conferenza intergovernativa, organismo bilaterale previsto dal trattato tra Italia e Francia sulla Tav. Poi la doccia fredda della dichiarazione di Conte.

Quando ha capito che le cose stavano prendendo un’altra piega rispetto alle vostre richieste?
Martedì sera poco, prima dell’intervento di Conte. Gli avevo scritto ancora. Avevo capito che qualcosa stava succedendo, che circolavano voci sul rischio di perdere i fondi europei e allora ho cercato di spiegare che non c’erano penali, ho menzionato l’esempio del Portogallo che si è ritirato da un’opera finanziata e realizzata solo a metà non è stato punito dall’Europa. Gli avevo detto di seguire la nostra linea, attenta a tutti i punti, anche quelli più critici.

Nulla da fare?
La motivazione di Conte, quella secondo la quale al momento bloccare la Tav costerebbe più che realizzarla, è farlocca. Non so se è stato malconsigliato o se credesse che l’interlocuzione con la Francia portasse a qualcosa. Ma la Francia ha più convenienza di noi a fare quest’opera. Per loro è un problema minore.

Pensa che il ministro Danilo Toninelli resterà al suo posto?
So che stanno elaborando un documento che dovrebbe annullare le altre due ratifiche dei trattati, un testo che parte dalla Conferenza intergovernativa e che dovrebbe essere votato in aula. Ma sarebbe un’operazione pilatesca, visto che solo noi voteremmo contro. Del resto, Toninelli dovrà firmare l’avvio dei lavori, non so se ciò avverrà o se verrà sostituito. Tutto è in corso in queste ore. Ma non mi risulta che abbia intenzioni di dimettersi.

E lei? Si dimetterà?
La storia non è ancora finita. Mi sono confrontato anche coi No Tav e con attivisti, coi miei colleghi. Tutti mi dicono resta lì a combattere, in effetti fuori non combinerei molto. Per adesso sono qui poi vedrò come comportarmi col M5S e vedrò come si comporterà il M5S. Nonché la Lega, con la quale ho deciso di avviare una relazione più dura, visto il modo in cui ci ha trattati. E non sono il solo a pensarla in questo modo.

Al senato la maggioranza si regge su pochi voti…
Se cadesse il governo di sicuro il Tav andrebbe avanti. Non si andrebbe al voto e gli scenari potrebbero essere terribili, con un governo tecnico che farebbe la manovra pesante che ci attende tra qualche mese. O magari potrebbe esserci lo spaccamento definitivo del M5S, con FdI che entra in maggioranza. Insomma, far cascare il tutto adesso non so fino a che punto convenga davvero.

Ci sarà un prima e un dopo questa sconfitta?
Con questa sconfitta abbiamo perso un pezzo di noi stessi. E la gente se lo ricorderà. Per questo dobbiamo fare ammenda, far passare più cose possibili del nostro pogramma e imporre la nostra linea con più decisione dentro la maggioranza. Ne abbiamo la forza, forse i nostri dirigenti non se ne rendono conto.

Nei giorni scorsi ha detto di aver scritto a Beppe Grillo e di non aver mai ricevuto risposta. Adesso che l’ora X è passata le ha detto qualcosa?
Mi ha risposto, sì. Mi ha chiesto di stare calmo.