Se la storia è ciclica, in Val di Susa gira vorticosamente. Certi fatti – soprattutto nelle distorsioni che ne derivano – sembrano déjà vu, che periodicamente si ripresentano. Succede, allora, che a ogni attentato o iniziativa simile, vengano sempre, per primi, chiamati in causa i No Tav. Un tempo capitava ai no global e, tuttora, agli anarchici. Questa volta, all’incendio doloso – scoppiato a pochi passi dalla stazione centrale di Bologna – sono state collegate frettolosamente alcune scritte vergate con bombolette spray di presunto contenuto «No Tav». Ecco, dunque, la rivendicazione. «Sono quelli che hanno il treno crociato sulla bandiera», avrà detto qualcuno. Facile, troppo facile. In pochi minuti la notizia si gonfia e plana sulle homepage dei siti dei principali quotidiani e nei titoli dei telegiornali. Ancora una volta viene agitato «lo spettro montagnardo».
Le scritte fanno il giro del web. A qualsiasi occhio, sufficientemente smaliziato, paiono un bluff. Si trattano, infatti, di «tag», cioè di firme di graffitari e writers, comuni in ogni stazione o muro abbandonato. La bufala della rivendicazione si sgonfia nel silenzio: l’informazione, dopo aver dato in pasto ai lettori notizie non verificate, si riposiziona, senza scomporsi troppo. «È stata una mattinata difficile da gestire – racconta Lele Rizzo, uno dei leader del movimento valsusino – siamo di nuovo tornati a essere il nemico numero uno. È paradossale che un fatto del genere, per di più non rivendicato, sia stato associato con tanta leggerezza ai No Tav, solo per la voglia di trovare un capro espiatorio, trasformando scritte hip hop in fantomatiche rivendicazioni». La Val di Susa non è la ragione di tutte le cause.
Lele Rizzo, precisa, rispetto ai fatti di Bologna: «Non ci associamo o dissociamo a comando. Dovessimo farlo per tutto quello che avviene in Italia, come ci chiedono, diventerebbe un lavoro». All’incendio di ieri si arriva dopo giorni concitati sul tema, quelli dopo la sentenza che ha assolto dal reato di terrorismo quattro attivisti No Tav: «Si è rinsaldato un clima ostile nei confronti dei No Tav, le dichiarazioni ripetute del ministro Maurizio Lupi lo testimoniano. Scontento per l’esito del processo, ha prontamente rispolverato il teorema del terrorismo. Lo ha fatto, lunedì, al cantiere di Chiomonte, dicendo che la sentenza in pratica ha legittimato attentati e sabotaggi, e ha ripetuto concetti simili un minuto dopo all’episodio di Bologna».
Il Tav, l’alta velocità ferroviaria tra Torino-Lione, è diventato, ormai, un argomento essenzialmente d’ordine pubblico o cronaca giudiziaria. Una politica assente e non in grado di coinvolgere e ascoltare i cittadini è, probabilmente, la principale responsabile di questa situazione. «E noi – sottolinea Rizzo – ci siamo trovati di fronte a una situazione eccezionale. Ci siamo dovuti difendere da un attacco giudiziario imponente in poco tempo, perdendone troppo per questioni che esulano la natura dell’opera». Sull’accusa di terrorismo rispolverata a giorni alterni? «È una pratica che non ci appartiene, ma, ricordiamoci, il sabotaggio è una cosa, il terrorismo un’altra. Così come lo sono una firma e una tag».
In serata, il cielo sulla Valle si è schiarito. Sono stati, infatti, concessi i domiciliari ai quattro militanti No Tav assolti la scorsa settimana dall’accusa di terrorismo per l’assalto del maggio 2013 al cantiere dell’alta velocità a Chiomonte. La Corte d’Assise ha accolto la richiesta del loro legale, Claudio Novaro. Passeranno quindi il Natale a casa, ma senza comunicazioni con l’esterno, Claudio Alberto, 23 anni, Niccolò Blasi, 24 anni, Mattia Zanotti, 29 anni, e Chiara Zenobi, 41 anni. Erano stati arrestati un anno fa con l’accusa di avere preso parte, la notte tra il 13 e il 14 dicembre, all’assalto al cantiere della Torino-Lione con molotov, bengala e bombe carta. Nel corso del processo, i quattro hanno ammesso la loro partecipazione all’assalto. Per quell’episodio, devono comunque scontare 3 anni e mezzo di carcere. Su notav.info il movimento ha commentato: «Un altro passo verso la libertà. Per ora, godiamoci la grande gioia di pensarli fuori dalla prigione, circondati dai loro affetti».