A distanza di un anno la Corte dei Conti Europea torna con una valutazione sulla Pac 2014-2020, con giudizi netti e inclementi. Già nel giugno dello scorso anno un’approfondita analisi svolta da questo organo deputato a «controllare che i fondi dell’Ue siano raccolti e utilizzati correttamente» aveva sottolineato l’inefficacia della Pac nel contrastare la perdita di biodiversità. Senza mezze parole, sottolineando che rafforzare modelli agroindustriali attraverso buona parte dei fondi della Pac, era la causa prima della perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici.

A distanza di un anno, interviene di nuovo la Corte per stigmatizzare l’inefficacia delle politiche agroambientali europee nel contrasto al cambiamento climatico. Il giudizio non lascia spazio a interpretazioni e attraversa tutte le criticità della produzione agricola che ormai sono estremamente note per il consistente contributo climalterante. Monocolture diffuse, allevamento intensivo, inarrestabile uso della chimica che limita la resilienza dei suoli e delle varietà, sono solo alcuni dei passaggi che la Corte dei Conti Europea usa come strumento per evidenziare un percorso non coerente con obiettivi di sostenibilità, di neutralità climatica e con la necessità di mettere in campo azioni efficaci per mitigare gli effetti del cambiamento climatico ormai evidente da anni.

A ciò si associa lo studio voluto dalla Commissione europea che dimostra che l’80% dei pagamenti diretti della Pac è giunto al 20% di aziende; c’è dunque un grande bisogno di riequilibrio che tenga conto delle specificità dell’agricoltura europea, a partire dalla dimensione aziendale media e dalla struttura organizzativa, molto spesso legata al contributo familiare.

La Corte non trascura dubbi sulle reali potenzialità dell’agricoltura biologica nella mitigazione del cambiamento climatico. È vero, però, che anche l’agricoltura biologica sta cambiando, in meglio, con ulteriori aggiornamenti normativi che attribuiscono sempre maggiore attenzione alla biodiversità, alla conservazione degli ecosistemi, alla conservazione della fertilità del suolo, al contenimento delle lavorazioni meccaniche, al rispetto delle infrastrutture ecologiche, alla sostenibilità delle fasi di confezionamento. Un mondo sempre più diffuso in Europa che rafforza il paradigma dell’agroecologia. D’altro canto, invece, la Corte sottolinea come l’agricoltura di precisione sia potenzialmente uno strumento in grado di contribuire al miglioramento della sostenibilità nella produzione agricola con il limite però che l’innovazione tecnologica che ne ha permesso lo sviluppo non sia sempre accessibile alle migliaia di aziende di piccola scala che dovrebbero essere messe in condizioni di giocare un ruolo indiscusso nella transizione ecologica diventando obiettivo prioritario delle politiche agroambientali sostenute con i fondi della Pac.
Questi giudizi di un organo terzo sollevano enormi dubbi sulle politiche ambientali europee e sulla loro efficacia e dovrebbero essere un monito importantissimo in questa delicata fase di chiusura del Trilogo che, neanche a farlo apposta, non trova una quadra proprio sui temi agroambientali.