L’aumento esponenziale del carrello della spesa non sta giovando agli agricoltori, che, anzi, fanno sempre più fatica a mantenere i costi di produzione. E questo vale per tutta la filiera dell’agro-alimentare. La pasta, ad esempio, ha subito un aumento del 494% dal campo alla tavola: il consumatore la paga in media 2,08 euro ma il produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro. Stessa dinamica sul latte (all’allevatore vanno 52 centesimi al litro ma sullo scaffale costa 1,80 euro, con un aumento del 246%), frutta e verdura con i pomodori che passano da 1,13 euro al chilo sul campo a 3,73 euro al consumo (+230%) o le mele che registrano un più 386%.

«IL RISULTATO è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa», spiega la Cia, Confederazione agricoltori italiani, che ieri ha portato a piazza Santi Apostoli, a Roma, duemila agricoltori da tutt’Italia per protestare contro «una crisi che sta portando i prezzi alle stelle e rendendo gli agricoltori più poveri». «Chiediamo maggiori sostegni», ha detto il presidente di Cia, Cristiano Fini.

Per la Cia è urgente il piano agricolo nazionale sempre annunciato dal governo e mai realizzato, per «rimettere al centro l’impresa e il suo reddito». «Negli ultimi anni, tra le attività economiche, l’agricoltura è stata quella più esposta a fenomeni ed eventi epocali come la crisi innescata nell’autunno del 2021 sul fronte energetico, gli effetti della guerra russo-ucraina, gli eventi climatici e le crisi fitosanitarie – ha spiegato – in questo contesto le imprese agricole non riescono a coprire i costi di produzione». Secondo l’associazione di categoria degli agricoltori, il reddito netto delle aziende è calato del 60% a fronte del 200% di incremento del prezzo del gas e dei fertilizzanti.

Tuttavia il governo non sembra preoccupato. A poca distanza dai manifestanti della Cia, Fratelli d’Italia stava infatti tenendo una conferenza stampa per illustrare un anno di operato del Ministro dell’Agricoltura (e sovranità alimentare), Francesco Lollobrigida, assente per un impegno con l’Anci.

A RAPPRESENTARLO il sottosegretario Patrizio La Pietra. «Il nostro ministro non va più in Europa a prendere gli ordini su quello che deve essere fatto, ma va a difendere gli interessi delle nostre aziende agricole – ha detto il sottosegretario – perché tutti insieme siamo attaccati da logiche e lobby internazionali che vorrebbero abbattere il sistema delle eccellenze italiane». Mentre per il capogruppo Fdi alla Camera Tommaso Foti «l’attività che svolge il ministro Lollobrigida è elogiata da tutte le categorie agricole che tali vogliono riconoscersi, mi pare che ci sia tanto consenso che addirittura si rischia il plebiscito».

INTERPELLATO A MARGINE dell’assemblea annuale Anci, anche Lollobrigida ha minimizzato la protesta degli agricoltori Cia «escludo siano manifestazioni contro l’azione del governo», ha detto il ministro, «di manifestazioni ce ne sono tante, anche di apprezzamento del lavoro che si sta svolgendo in questo periodo. Io sono orgoglioso – ha aggiunto – che l’agricoltura sia tornata a essere un tema centrale».

Polemico il Partito Democratico. «Anziché ascoltare le ragioni di una piazza piena di agricoltori, Fratelli d’Italia decide di appuntarsi una medaglia – nota Stefano Vaccari, capogruppo dem in Commissione agricoltura – non so se siano stati consigliati in questa loro improvvida iniziativa che chiude la porta in faccia a quella piazza, di certo gli agricoltori italiani chiedono impegni che loro non hanno mai realizzato».

E IL PRESIDENTE Cia ha rimarcato «abbiamo buoni motivi per reclamare più attenzione. È ora di risolvere i problemi iniziando proprio dal garantire il giusto reddito agli agricoltori, aggiornando la normativa sulle pratiche sleali per assicurare prezzi dignitosi, riducendo le forme di finanziarizzazione legate alla produzione di materie prime, favorendo l’aggregazione aziendale anche con una revisione degli strumenti di accesso alla terra e una legge sul ricambio generazionale, che vuol dire dall’altro lato una riforma strutturale per innalzare le pensioni minime agricole. Altrimenti – ha concluso Fini – senza reddito e cibo, la sovranità alimentare resta uno slogan».