Nel 1908 un ignoto studente pietroburghese si recò in pellegrinaggio da Zinaida Gippius – poetessa simbolista dalla personalità sulfurea, animatrice di uno dei salotti letterari più effervescenti della capitale – per sottoporle il seguente quesito: vivere o no «alla Sanin»? Un nome, quello del vizioso protagonista del romanzo omonimo di Michail Arcybašev, che all’epoca sintetizzava in sé tutta una serie di idee quantomeno controverse: la celebrazione del libero amore, contrapposto sia al puritanesimo rivoluzionario che alla grettezza piccolo-borghese, la rivendicazione dell’eguaglianza tra i sessi, equiparati nella ricerca del piacere e, infine, una sfida inequivocabile lanciata all’intelligencija progressista, accusata di fatale...