L’anima nera di Julius Streicher, gerarca nazista insuperato quanto a turpe antisemitismo, festeggia. Neppure lui avrebbe sperato di vedere un giorno la parola «ebreo» trasformata in insulto di per sé, senza bisogno dei nasi adunchi e dei ghigni rapaci che pullulavano sul suo Der Sturmer. Piange lo spettro di James Brown: da fiera rivendicazione il suo Say It Loud I’m Black I’m Proud è diventato sanguinoso insulto e presto toccherà sbianchettare le foto degli anni ’60 per impedire che il ruggente «Black is Beautiful» ferisca la sensibilità dei nuovi censori, razzisti travestiti.

QUEL CHE NON RIUSCÌ alle camicie brune e agli incappucciati di Dixie sta riuscendo ai benintenzionati sensitive readers, inconsapevoli eredi di Achille Starace e della sua a lungo derisa ossessione per i particolari, anche linguistici. Toccherà riconoscerlo come lucido precursore, sia pure in camicia nera.

Si diverte invece il papà della psicoanalisi, che in mancanza di alternative bisognerà definire «di origini ebraiche» e ancora ancora, chiedendosi quanto antisemitismo, razzismo e disprezzo per la ciccia alligni nella mente tarata di chi considera impronunciabili, e dunque anche illeggibili nei testi di Ian Fleming o di Dame Agatha Christie, parole come «ebreo», «nero», «grasso» e persino il treno più famoso di tutti i tempi, l’Orient Express, converrà ribattezzarlo «Espresso dell’Est». Censori e cacciatori di streghe non hanno mai brillato quando a senso del ridicolo e quelli di oggi staranno pure «dalla parte giusta» ma somigliano come gocce d’acqua al senatore Joseph McCarthy.

DOPO ROALD DAHL e Ian Fleming, i khomeinisti della cancel culture, della quale tra un colpo di cancellino e l’altro negano sdegnati l’esistenza, hanno preso di mira Agatha Christie, attenzionata in realtà già dal 2020 per l’uso disinvolto di oscenità come il «carattere indiano» di un magistrato o addirittura l’epiteto «di marmo nero» applicato a un busto di donna.

C’è una componente involontariamente beffarda nell’aver scelto proprio un’autrice così aliena da ogni forma di razzismo e per l’epoca tanto audace in materia di identità sessuale da meritare un posto d’onore nel pantheon lgbtq+, non foss’altro che per i romanzi di Miss Marple. I lettori di Dame Agatha, che non sono pochi trattandosi della scrittrice più venduta al mondo dopo il connazionale di Straford-upon-Avon, sono giustamente imbufaliti.

AGATHA CHRISTIE costruiva le sue trame con la testa di un genio matematico ma parte essenziale della sua magia deriva dalle ricostruzioni dell’ambiente d’epoca. Modificarne il linguaggio significa violentare i suoi libri costringendo i suoi personaggi ad adottare espressioni fuori dal loro tempo.

Ironizzare, data la grettezza mentale dei «sensibili lettori», è facile e, in fondo, la retromarcia su Dahl è rassicurante. Ma l’acqua si saggia sempre partendo dall’alluce. Non ci vorrà molto prima che qualcuno scopra che quell’Heatcliff è un pessimo modello o decida che Il mercante di Venezia puzza di Mein Kampf.