«I tempi sono difficili: abbiamo bisogno di voi». Mercoledì scorso alla lunga lista di politici afghani che in passato hanno fatto appello alla gioventù locale affinché rinunciasse a emigrare si è aggiunto perfino l’ex presidente Hamid Karzai. «Restate nel nostro paese, va ricostruito», ha detto in un accorato discorso.

Anche il suo appello è destinato a rimanere lettera morta: sono tanti gli afghani – soprattutto giovani – che hanno voglia e (spesso) bisogno di lasciare il paese centroasiatico. Alla ricerca di quella libertà e sicurezza che in Afghanistan non c’è. Che siano tanti, e che ambiscano a raggiungere l’Europa idealizzata dei diritti e delle opportunità, lo dicono le statistiche. Secondo i dati più recenti dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, il 13% dei 381.412 migranti che nel 2015 hanno raggiunto l’Europa via mare sono afghani. Il secondo paese di provenienza dopo la Siria (al 50%), subito prima dell’Eritrea (all’8%). Siria, Afghanistan, Eritrea. Due paesi in guerra e un regime – quello eritreo – che conduce una guerra di repressione contro la popolazione civile. Anche i dati Eurostat sulle richieste di asilo presentate nei 28 paesi dell’Unione europea nel 2014 confermano la tendenza: sono state 122.000 le richieste da parte di cittadini siriani, 20% del totale, mentre quelle degli afghani corrispondono al 7%, quelle degli eritrei (e dei kosovari) al 6%.

Lasciare il proprio paese a volte è una necessità. Spesso una scelta di vita, un’affermazione di libertà. Che non a caso compiono soprattutto i giovani. Tra le persone che nel 2014 hanno chiesto asilo nell’Ue, quattro su cinque (il 79%) avevano meno di 35 anni, raccontano i dati Eurostat. Il 54% delle 122.000 richieste totali sono di ragazzi tra i 18 e i 34 anni, mentre i minori non accompagnati rappresentare il 26% del totale.

Lungo la rotta balcanica

Lungo la rotta balcanica, gli afghani non mancano. Li si incontra su ogni confine. Fanno affidamento a network informali di comunicazione e sostegno. All’esperienza di chi, prima di loro, ha già solcato le stesse rotte. D’altronde, il popolo afghano negli ultimi decenni è stato in continuo movimento. I dati dell’Unhcr parlano chiaro: per 32 anni l’Afghanistan è stato il paese che ha “prodotto” il maggior numero di rifugiati al mondo. Nel 2014 ha perso “il primato”, passato alla Siria devastata dalla guerra. Ma i numeri dei rifugiati afghani rimangono impressionanti. Dal 2002, circa 5,8 milioni di rifugiati afghani hanno fatto ritorno in patria. Rappresentano il 20% circa della popolazione, e il loro re-insediamento ha provocato seri problemi negli equilibri sociali, politici ed economici.

Negli ultimi 4-5 anni la tendenza al rimpatrio (favorito dalle Nazioni Unite con diversi programmi di rimpatrio volontario) è diminuita: troppo instabile la situazione in Afghanistan. Nei primi sette mesi del 2014, sono state soltanto 10.000 le persone tornate in patria. Quest’anno, le cose sono cambiate nuovamente. Dall’inizio dell’anno, 139.000 afghani hanno lasciato il Pakistan per l’Afghanistan. Una scelta obbligata, a causa dei maltrattamenti delle autorità pakistane. Il «paese dei puri» ospita 1 milione e mezzo di afghani ufficialmente registrati, ai quali si aggiungono quelli “informali”, che si stima siano altrettanti.

Nati, cresciuti e rimpatriati

Il governo di Nawaz Sharif ha cominciato a rimpatriare forzatamente molti afghani, stabilendo una deadline per il rinnovo delle carte di identificazione degli afghani, molti dei quali nati e cresciuti in Pakistan: dicembre 2015. Lo scorso giugno, durante una visita in Pakistan, Antonio Guterres, il commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha provato a chiedere a Nawaz Sharif di ripensare la sua scelta. Il rischio, sarebbe quello di una bomba demografica sui già fragili equilibri afghani.
Anche in Iran, gli afghani subiscono abusi e soprusi dalle autorità governative. Sono 840.000 quelli che godono dello status di rifugiati, ma si stima che nel paese ne risiedano almeno 2,5 milioni. Anche Teheran fa pressione affinché tornino nel proprio paese, e non rinuncia ad azioni muscolari.

Disinteresse internazionale

Le Nazioni Unite provano a mediare. Ma la comunità internazionale sembra ormai disinteressarsi: l’Onu – riportava un articolo della Reuters – ha ricevuto soltanto il 44% dei 405 milioni di dollari richiesti per il piano di risposta 2015 per l’Afghanistan. Dove, nel frattempo, aumentano gli sfollati interni: secondo i dati dell’Internal Displacement Monitoring Centre, a giugno scorso erano 948.000 gli sfollati interni (103.000 quelli più recenti), il 40% dei quali costretta a ingrossare le fila dei poveri che abitano ai margini delle città principali, Kabul, Herat, Mazar-e-Sharif, Jalalabad, Kandahar.

I governi di Iran e Pakistan spesso commettono azioni contrarie al diritto internazionale, ma dagli anni ’70 hanno ospitato circa 6 milioni di rifugiati afghani. Al confronto la fortezza Europa, paladina dei diritti umani, mostra tutta la sua ipocrisia.