Il pragmatismo delle arti marziali applicato alla vita quotidiana, l’importanza di vincere la paura, la necessità di prendere il meglio di ogni arte marziale per farne un mix, il cui fine è farsi una “propria” arte marziale, di qui la necessità di praticarne diverse. Combattere contro un altro, non per caricarlo di botte, ma per scoprire i propri limiti. Nietzche, Ikkyu, Sojun,Thomas Paine, il tai chi chuan, Henry David Thoreau, Cavallo Pazzo, Eraclito, lo zen, Platone, il taoismo, certi guru delle arti marziali, che vedono solo se stessi e demonizzano tutte le altre discipline marziali, il monaco buddista, dirigenti di multinazionali, che si sottopongono a severe regole orientali per migliorare la managerialità, avulsi da ogni contesto. Sarebbe meglio per tutti un approccio più filosofico alle arti marziali. E’ quanto si legge nel libro Per un cuore guerriero. Le arti marziali, la filosofia e Bruce Lee (Add, euro 15). Ne parliamo con l’autore Daniele Bolelli, in Italia per presentare il suo libro. Antropologo, professore universitario negli Stati Uniti, docente di Storia degli indiani d’America, l’anno scorso ha pubblicato Igod, istruzioni per l’uso di una religione fai da te ( Add). Sul tema delle arti marziali Daniele Bolelli, appena finito il liceo, aveva scritto La tenera arte del guerriero. Ultimamente si dedica agli sport da combattimento, quando esce dalle aule universitarie americane scende nella “gabbia” per sfidare i suoi avversari.

  • Perchè hai scritto questo libro?

Ho praticato arti marziali per oltre vent’ anni. Per un cuore guerriero e’ la sintesi del mio approccio filosofico alla pratica marziale.

  • Che cosa significa avere un cuore guerriero?

Vuol dire che la vita picchia duro in molti modi. Invecchiamento, malattia, morte, porte chiuse in faccia che schiacciano i nostri sogni, la solitudine,ci sono centinaia di modi in cui la vita puo’ far male. Un cuore guerriero vuol dire trovare un modo di affrontare la vita senza che questa ci trasformi in una vittima. Vuol dire avere un cuore sensibile, senza cui l’esistenza e’ ben poco interessante, un carattere guerriero che sappia proteggere tale cuore: l’aspetto guerriero e’ cio’ che permette alla sensibilita’ di non trasformarsi in una debolezza.

  • Scrivi che “ l’esistenza di ogni giorno è il vero campo di battaglia”. Che cosa vuol dire?

Le arti marziali alla fine non sono poi cosi’ importanti. Dopo tutto, occupano solo qualche ora a settimana e nulla di piu’. Cio’ che e’ davvero importante e’ il resto della nostra vita. E’ importante il modo in cui ci rapportiamo agli altri, in cui ci guardiamo allo specchio, in cui affrontiamo la realta’ di ogni momento. Le arti marziali sono importanti semplicemente nella misura in cui ci aiutano a sviluppare quelle qualita’ che ci possono rendere persone migliori nella vita di tutti i giorni. Se la pratica marziale e’ fine a se stessa, non e’ che un hobby. Se invece, e’ un mezzo per forgiare una personalita’ piu’ forte e bilanciata, allora si’ che sono interessanti.

  • Come si vince la paura?

Affrontandola, ma gradualmente. Affrontare paure troppo potenti senza preparazione puo’ essere controproducente, affrontare paure che ci turbino ma non al punto da paralizzarci ci rinforza. La prossima volta potremo affrontarne di piu’ grandi. E cosi’ via. L’idea che possiamo controllare le cose aiuta a rilassarsi, non perche’ le paure non siano motivate, anzi, ci sono mille cose delle quali e’ piu’ che legittimo avere paura, ma l’avere paura non ci aiuta. Tutti invecchieremo, ci ammaleremo e moriremo. La paura esiste solo finche’ hai speranza di evitare un certo destino. La morte e’ una garanzia per tutti noi, una volta che accetti la morte, tutte le altre paure sono poca cosa.

  • Nel libro sostieni che nel mondo degli artisti marziali vi sono litigi e divisioni. Perché?

Ogni volta che metti due esseri umani nella stessa stanza, ti trovi a dover avere a che fare con tre opinioni diverse. E’ nella natura della nostra specie. Siamo litigiosi e pronti ad arrabbiarci riguardo alle piu’ minuscole differenze di opinioni. Le arti marziali sono un microcosmo come ogni altro campo a cui gli esseri umani si interessino, che si tratti di religione, di politica, di vinicultura o di arti marziali alla fine all’interno di ogni campo trovi sempre le diverse scuole di pensiero che litigano riguardo al loro modo di percepire le cose. Le divisioni di opinioni tra gli artisti marziali non sono minimamente differenti da quelle che si vedono in tutti gli altri campi.

  • L’unione delle arti marziali fa la forza?

Nel dedicarsi ad un unico stile di arti marziali, l’individuo si sacrifica sull’altare dell’ortodossia di uno stile. Prendere il meglio da stili diversi, invece, e creare il proprio mix personale e’ un modo per rinforzare l’individualita’. Ognuno dei diversi stili di arti marziali ha i suoi punti forti e i suoi punti deboli. Studiarne piu’ d’uno e’ un mezzo per non rimanere intrappolati dagli inevitabili limiti che caratterizzano ogni stile. La versatilita’ e’ un talento essenziale nelle arti marziali, cosi’ come in ogni altro campo della vita.

  • Spade, bastoni, calci e pugni non sono un invito alla violenza?

La violenza repressa e’ la piu’ pericolosa. Fare finta di non avere istinti violenti vuol dire che sicuramente emergeranno in maniera distruttiva e perversa, magari non necessariamente sotto la forma di violenza fisica, ma come astio, cinismo, aggressivita’ verbale, negativita’, scatti nervosi, mancanza di amore. Avere uno spazio rituale nel quale confrontarsi con l’aggressivita’ propria e altrui e’ un modo catartico per esorcizzarla. Paradossalmente, molta gente che dedica una gran quantita’ di tempo ad allenarsi a combattere e’ a volte la piu’ tranquilla e pacifica nella vita di tutti i giorni.

  • Perché nell’ultimo periodo hai scelto di combattere nella “gabbia”?

Per natura sono un tipo molto tranquillo. Fin da bambino ero molto sensibile, passavo gran parte del tempo a leggere, e mi dilettavo in altri passatempi piu intellettuali. La mia personalita’ era squilibrata. Non conoscevo cosa volesse dire vivere in un corpo dotato di notevole forza fisica. Il conflitto, fisico e non, mi ha sempre spaventato, combattere per me e’un modo di affrontare i limiti del mio carattere e liberarmi delle mie paure.

  • Che cosa si prova a passare dalle aule universitarie alla “gabbia”?

Le doti intellettuali diventano sterili se non si accompagnano all’azione, cosi’ come l’azione e’ fine a se stessa se non si accompagna ad una mente curiosa e vivace. Nelle aule universitarie stavo cominciando ad accumulare troppa polvere. Avevo bisogno di scrollarla via.

  • Sono pochissime le figure femminili che citi nel libro. Le arti marziali sono solo al maschile?

Secoli di culture patriarcali hanno reso molto difficile alle donne mettersi in contatto con la forza. Il conflitto fisico e’ stato un monopolio maschile in molti aree geografiche e in molte culture. Spero che questa tendenza cambi, proprio perche’ le arti marziali possono servire da antidoto contro l’oppressione a cui le donne sono state soggetto storicamente. Purtroppo ancora oggi, la maggior parte dei praticanti di arti marziali sono uomini, molte donne sono intimidite dall’entrare in un ambiente che e’ cosi’ saturo di testosterone, e tante altre temono che la pratica marziale possa togliere loro femminilita’. Nulla e’ piu’ lontano dal vero, ma gli sterotipi sono difficili a morire.

  • Arti marziali e sport da combattimento hanno inciso sulla tua scrittura?

Mi hanno dato una sana dose di pragmatismo, che serve per equilibrare la mia natura idealista. Mi hanno aiutato ad unire le grandi visioni romantiche ad una dimensione terrena e concreta. Una cosa che amo degli sport da combattimento e’ che rendono complicato mentire a se stessi visto che offrono risultati insindacabili. Questo mi ha influenzato rendendo il mio stile di scrittura piu’ bilanciato, come se qualcuno avesse mescolato in laboratorio il Dna del Dalai Lama con quello di Eminem. Leggere il Dalai Lama e’ interessante, cosi’ pure Eminem. Ma vuoi mettere leggere un mix di entrambi?