Uno degli ultimi artefici della grande storia hollywoodiana se n’è andato: Stanley Donen, l’uomo che aveva saputo cambiare faccia al musical e alla commedia romantica. Donen aveva 94 anni e la sua storia era iniziata molto tempo fa. Originario di Columbia, South Carolina, dove era nato nell’aprile del 1924, Stanley comincia a prendere lezioni di danza, classica, da bambino e appena terminato il liceo molla tutto per andare a Broadway. Debutta come ballerino di fila in Pal Joey, un musical quindi, non più danza classica. Qui conosce e diventa amico di Gene Kelly, che in ambito teatrale è già conosciuto, e insieme a lui punta verso Los Angeles. Il cinema li attrae. All’inizio tutto sembra andare per il meglio, la MGM lo mette sotto contratto, appare nella versione cinematografica di Best Foot Forward con Lucille Ball, Girl Crazy con Judy Garland, e prestato alla Columbia assiste Gene Kelly in Fascino con Rita Hayworth.

POI PERÒ la MGM lo molla e Stanley si vede costretto a lavoricchiare in «film che non erano neppure b-movies» come ha dichiarato. Di nuovo Kelly lo riporta alla MGM per dirigere le scene di ballo di Due marinai e una ragazza. Poi cura alcune coreografie, ma è l’amicizia professionale con Gene Kelly che lo porta a scrivere la sceneggiatura e coreografare Facciamo il tifo insieme con Kelly e Sinatra. Ormai è fatta lui e Gene firmano in coppia nel 1949 la regia di Un giorno a New York di nuovo Kelly e Sinatra per un film epocale. Il momento è, a suo modo, storico. Il musical, sino a quel momento il massimo dell’artificio cinematografico, quindi tutto realizzato negli studi, esce dai capannoni per dare vita al racconto negli scenari autentici con i due marinai in libera uscita newyorkese. Perdipiù vince anche l’Oscar come miglior colonna sonora.

Donen può quindi dirigere Fred Astaire nel 1951 in Sua altezza si sposa (famoso il ballo con l’appendiabiti), e Marito per forza (1952) con la giovanissima Elizabeth Taylor. Ma è di nuovo con Gene Kelly che compie il salto ulteriore. Dopo avere indicato nuovi liberi orizzonti al musical i due tornano negli studi per celebrare il cinema con Cantando sotto la pioggia (1952). Scritto da Adolph Green e Betty Comden, forse il miglior film musicale mai realizzato con quel suo rileggere un momento cruciale come il passaggio dal muto al sonoro, attraverso canzoni e coreografie indimenticabili (il balletto canzone del titolo, citato anche in Arancia Meccanica, e l’irresistibile Be a clown) merito della regia scoppiettante di Donen e Kelly, grande protagonista con Donald O’Connor (unico premiato con un Golden Globe), oltre a Debbie Reynolds.

 

 

 

NESSUNO più può fermare Donen, anche in versione solitaria senza Gene (dopo collaboreranno solo una volta in È sempre bel tempo). Ecco allora Sette spose per sette fratelli (1954), Cenerentola a Parigi (1957), Indiscreto (1958), Sciarada (1963), Arabesque (1966), Due per la strada (1967), Il mio amico il diavolo (1967) giusto per citarne alcuni. Quindi non più solo musical, ma anche commedie romantiche che possono però avvantaggiarsi della visione «coreografica» di Stanley acquisendo così un dinamismo sino a quel momento sottovalutato. Con Il boxeur e la ballerina (1978) rievoca il cosiddetto movie-movie, ossia due film di un’oretta ciascuno che celebrano i vecchi tempi del cinema.

LA SUA ULTIMA regia cinematografica è del 1984 con Quel giorno a Rio, che si era anche prodotto come faceva già da diverso tempo. Non un successo clamoroso. Così Stanley si fa da parte, pur avendo solo sessanta anni, limitandosi successivamente a dirigere una versione di Scarpette rosse a Broadway, una cerimonia degli Oscar e una coreografia per la serie tv Moonlighting.

Un silenzio prolungato, che forse aveva lasciato supporre a qualcuno che Stanley avesse già tolto il disturbo da tempo. Ma lui era invece molto attaccato alla vita, come dimostrano cinque matrimoni, un lungo legame con Elaine May (oltre ai numerosi flirt con famose attrici in passato). Inutile dire che non ha mai vinto un Oscar, pur avendolo ottenuto nel 1998 ma alla carriera «per l’insieme di un lavoro segnato da grazia, eleganza, spirito e innovazione visiva».