Ha vissuto molte vite Renata Scotto e salvo quella privata, di cui era gelosa, le ha dedicate integramente all’opera, con una corrispondenza d’intenti e risultati di felicità forse irripetibile. Una parabola artistica durata sessant’anni quella del soprano nato a Savona il 24 febbraio 1934, dove si è spenta ieri a 89 anni. Il debutto precocissimo a 19 anni, come Violetta nella Traviata: voce notevole e tecnica in evoluzione approda subito alla Scala dei grandissimi il 7 dicembre 1953 come Walter in Wally di Catalani, accanto a Tebaldi e Del Monaco.
Tanto belcanto nella prima fase, Adina, Norina, Amina nella Sonnambula, con cui a Edimburgo sostituisce nel 1957 nella tournée scaligera Maria Callas, con cui incide anche la storica Medea diretta da Serafin. La tecnica è orma solidissima grazie allo studio con il soprano Mercedes Llopart e dal 1959 la carriera decolla, e canta in tutti i grandi teatri italiani, da Venezia a Palermo un vasto repertorio che va dai Puritani alla Bohème, da Faust ai Capuleti e Montecchi, dai Lombardi di Verdi (a Roma accanto a Pavarotti) alla Lucia di Lammermoor, anche nel 7 dicembre scaligero del 1967 diretta da Claudio Abbado.

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Maria Callas e l’invenzione di una nuova MedeaINTANTO fa sua – anche con una prima incisione – Madama Butterfly di Puccini, continuando a affinare le qualità di interprete e attrice, illuminate da un fraseggio incredibilmente vario e inventivo che l’hanno resa tra le artiste più complete e emozionanti dei nostri tempi. Negli anni Settanta una nuova svolta: Renata Scotto diventa una delle star del Metropolitan di New York, una primadonna elegante e idolatrata che sigla interpretazioni indimenticabili in Manon Lescaut, Otello, Francesca Da Rimini, nel Trittico e nella Butterfly, approdando a parti di peso drammatico con Gioconda, I Vespri Siciliani, con cui nel 1970 inaugura la stagione della Scala, Macbeth, con Riccardo Muti sul podio, Andrea Chénier, e infine Adriana Lecouvreur, altra interpretazione memorabile in cui si mostrava capace di trasformare perfino i manierismi vocali in strumenti interpretativi di rigore e verità. Con le aggiunte di Norma, Tosca, Fedora e Nabucco si avvia dagli anni Ottanta verso la piena maturità e a costo di qualche stanchezza vocale cerca ancora nuove sfide, come la Marescialla straussiana, Erwartung di Schoenberg, Kundry nel Parsifal. Si è dedicata con passione e successo alla regia d’opera e all’insegnamento, anche se molto di quanto si può cogliere nelle tante registrazione in disco e video nasceva da una miscela di tecnica, intuito, gusto, disciplina e tenacia incrollabili appartenuti a lei sola.