A 67 anni si è spento per un male incurabile l’attore Ray Lovelock. Nato a Roma nel 1950 da padre inglese e madre italiana, si è specializzato soprattutto in ruoli di poliziotto o di «uomo duro» nel cinema italiano di genere fra i ’70 e gli ’80. Scoperto da un agente al Piper, dove era la voce in una band assieme a Tomas Milian, debutta al cinema a 17 anni, nel western di Giulio Questi Se sei vivo, spara (1967) mentre Carlo Lizzani gli regala forse uno dei suoi ruoli migliori, quello del giovane criminale Tuccio in Banditi a Milano (1968). Bellissimo, capelli lunghi, aria da hippie, diventa un nome di successo soprattutto nella stagione d’oro del poliziottesco all’italiana. Lavora in decine di titoli del genere, fra cui Squadra volante di Stelvio Massi (1974) e sempre nello stesso anno Milano odia: la polizia non può sparare di Umberto Lenzi, Roma violenta di Marino Girolami (1975), Uomini si nasce di Ruggero Deodato, (1976).

È nel cast anche di una produzione internazionale Cassandra Crossing di George Pan Cosmatos (1976) al fianco di Richard Harris e Sophia Loren. Con il decadere del genere, appare meno su grande schermo e viene «catturato» dalla tv, dove trova il suo rilancio nello sceneggiato La casa rossa di Luigi Perelli (1981).

E lo stesso regista gli affida un ruolo importante in La piovra 5 (1990). L’attività su piccolo schermo si infittisce nel corso dei ’90 quando accetta ruoli nella lunga serialità: Commesse e soprattutto Incantesimo (cinque stagioni). Lavorerà anche a fianco di un grande protagonista degli spaghetti western italiani, Terence Hill, ma questa volta sul set di Don Matteo. In tv lo abbiamo visto per l’ultima volta in L’allieva con Alessandra Mastronardi, l’addio al cinema nel 2016 in My Father Jack di Tonino Zanardi.