«L’idea era molto semplice, cercavo di fare televisione utilizzando la mia rubrica di indirizzi di cinema». La frase citata dal quotidiano «Libération» restituisce il senso del lavoro di Pierre Chevalier, produttore francese scomparso ieri, alla guida tra il 1991 e il 2003 della finzione di Arte. A lui si deve la realizzazione di una serie magnifica, che appena apparsa, nel 1994, è divenuta leggendaria, come Tous les garçons et les filles de leur âge, che da un’idea di Chantal Popaud riuniva le generazioni del cinema francese nei loro talenti migliori come Olivier Assayas, André Téchiné, Cédric Kahn, Patricia Mazuy, Claire Denis, Chantal Akerman, Philippe Faucon, Pascale Ferran …

STUDI di filosofia, stagista per la casa editrice Gallimard, baby- sitter dei figli di Gilles Deleuze, Chevalier approda poi al Centre Pompidou e al Cnc, il Centro nazionale di cinematografia francese, dove dirige tra l’83 e il 1991 la commissione per il finanziamento dei film. Da lì arriva, appunto a Arte, dove nei dodici di direzione produce circa 350 titoli come Marius e Jeannette di Robert Guédiguian, Lady Chatterley et l’homme des bois di Pascale Ferran (César per il miglior film), Les amants réguliers di Philippe Garrel.

E ancora Travolta et moi di Patricia Mazuy, Trop de bonheur di Cédric Kahn, L’Eau froide di Olivier Assayas, Le Chêne et le roseau di André Téchiné, Petites di Noémie Lvovsky, Pola X di Leos Carax, Risorse umane di Laurent Cantet, Beau travail di Claire Denis. Sguardo anticonformista, e poco incline a seguire i protocolli, Chevalier aveva come obiettivo principale quello di realizzare dei telefilm con i registi migliori del cinema. Il risultato si fa vedere ben presto, e se da una parte la qualità della produzione televisiva arriva a livelli alti, dall’altra molti registi, specie i più giovani e quelli meno «formattati» possono utilizzare uno spazio di libertà maggiore rispetto a quello garantito dai finanziamenti tradizionali.

MOLTI dei film usciranno in sala in una versione lunga, agli autori «televisivi» Chevalier – e non senza polemiche ha preferito sempre quelli cinematografici – e con una idea di cinema molto precisa; Tsai Ming Liang, Sissako, Walter Salles… Le riprese avevano una durata massima di ventitre giorni e due regole: «Libertà di scelta, budget minuscolo». Suona sempre come una bella sfida.