Country, ma non solo, Kenny Rogers – morto la scorsa notte a 81 anni – è stata una stella nel genere più amato dagli americani ma capace – con abili mosse di crossover – a travalicare i generi a fondersi con il pop, garantendosi così una presenza lunghissima nelle classifiche che si estende fino al 2000, con un ultimo numero uno piazzato nelle classifiche Usa: Buy Me a Rose. Bellissimo, una barba sottile a incorniciargli il viso, folta pettinatura leonina (le fan impazziscono per lui durante i concerti), voce carismatica dal timbro nasale assolutamente riconoscibile, considerava suoi ispiratori maestri come Johnny Cash, Willie Nelson e Waylon Jenkins. Una carriera che inizia nella seconda metà degli anni ’60 e lo porterà a vendere oltre 160 milioni di dischi, dapprima insieme alla band First Edition con cui ottiene il suo primo successo Just Dropped In.

MA E’ nei ’70 che diventa icona di stile e artista che primeggia nelle classifiche, macina concerti in tutto il paese e ovunque sold out. Il pezzo che lo lancia definitivamente nell’Olimpo dei big  è The Gambler (buon successo anche in Italia dove in realtà Rogers non ha mai conosciuto grande fama). Poi arrivano Laura, Lucille e a seguire la fortunata serie di duetti con Dottie West per altrettanti numeri uno nelle charts di Billboards: Every time two Fools Collide e What Are We Doin’ In Love.

Collabora con Kim Carnes, poi la hit planetaria We Got Tonight di Bob Seger in coppia con una pop diva degli ’80, Sheena Easton (da noi riletta da Amii Stewart e Gianni Morandi tradotta in Grazie perché). Mescola pop e country tanto che sarà invitato da Quincy Jones e Michael Jackson nella registrazione (1985) di We are the World. Poi ancora pop con Barry Gibb dei Bee Gees per un altro successo, Islands in The Stream, cantata insieme con la regina del country, Dolly Parton – ennesimo numero uno in classifica – e diversi Grammy Awards, fino al ritiro nel 2015 per motivi di salute.