«Non è detto che con un tasso di crescita economica più elevato la situazione sia molto buona, né che con una diminuzione del tasso di crescita la situazione sia molto cattiva». Senza citare questa frase di Xi Jinping, da un articolo pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista teorica del Partito comunista Qiushi, è difficile comprendere le notizie in arrivo dalle “Due Sessioni”, il momento culmine delle attività parlamentari della Cina. Oltre cinquemila delegati da ogni angolo del paese affollano per una settimana la grande sala del popolo per le riunioni della Conferenza consultiva del popolo (che riunisce grandi personalità del mondo politico, imprenditoriale, culturale, sociale e sportivo) e dell’Assemblea nazionale del popolo, quanto di più simile la Cina abbia a un parlamento.

Come da tradizione, ieri si sono aperte le danze col rapporto di lavoro del premier. Per la prima volta a parlare è stato Li Qiang, fedelissimo di Xi promosso lo scorso anno. Fissati gli obiettivi dei prossimi mesi: il target di crescita del pil è stato fissato a «circa il 5%», in linea col 2023 e al di sotto del 2022 in cui era stato mancato il bersaglio a causa delle dure restrizioni anti Covid. Per alcuni un dato cauto, per altri ambizioso, vista la mancanza di fiducia che rallenta i consumi e la crisi immobiliare. Dopo l’ordine di liquidazione per Evergrande, proprio ieri il principale costruttore privato, Country Garden, ha registrato un crollo dell’85% delle vendite su febbraio.

Per sostenere i consumi, il governo ha annunciato un programma annuale chiamato «senza pensieri» per incoraggiare la spesa per alcuni prodotti, dagli elettronici ai veicoli elettrici, settore che le aziende cinesi come Byd mirano a dominare. Altri stimoli potrebbero arrivare dall’emissione di obbligazioni speciali, ma la sensazione è che dopo i 139 miliardi del 2023 il portafoglio non si spalancherà del tutto. La mancanza di grandi riforme o di sostegni extra-large si evince dall’obiettivo di riduzione del deficit di bilancio, che dovrebbe scendere dal 3,8% al 3%. Non semplice, considerando il grande problema del cosiddetto “debito nascosto” che affligge soprattutto le casse dei governi locali, prosciugate dall’esposizione verso fondi fiduciari e settore immobiliare, l’ex motore della crescita che deve ancora trovare un sostituto ufficiale.

Le parole di Xi su Qiushi sono in tal senso significative. Come già lasciato intendere dall’inizio del suo secondo mandato con le “linee rosse” sull’immobiliare e la doppia circolazione che privilegia il consumo interno, per il leader cinese la priorità è cambiare il modello di sviluppo rendendolo più sostenibile, meno esposto a rischi debitori. Anche a costo di perdere qualche decimale di pil. Un piano che però è entrato in collisione con la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi, in uno scenario di instabilità globale che rischia di amplificare il contraccolpo previsto originariamente.

Proprio dalle turbolenze esterne, leggasi restrizioni occidentali, si rafforza la necessità di perseguire una parziale autosufficienza tecnologica. Il rapporto di Li ribadisce con enfasi questo obiettivo, citando nuovi piani multimilionari per l’intelligenza artificiale e l’informatica quantistica.

Così come in Europa e altrove, prosegue poi anche in Cina la tendenza al riarmo. Il budget militare aumenta del 7,2%, in linea con lo scorso anno e al di sopra delle previsioni di crescita del pil. In un decennio, le spese di difesa cinesi sono pressoché raddoppiate, anche se rappresentano ancora un terzo di quelle degli Stati uniti. In questo contesto non sorprende che la parola citata più volte (28) nel report di Li sia proprio «sicurezza».

Segnali interessanti anche dal (breve) passaggio su Taiwan. Dopo la vittoria alle presidenziali di gennaio di Lai Ching-te, che Pechino considera un “secessionista”, nel report di Li (che inusualmente non terrà la conferenza stampa finale) si parla di «sviluppo pacifico» delle relazioni ma è sparita la definizione «riunificazione pacifica», così come il riferimento al «legame di sangue» tra continentali e taiwanesi. Trova invece posto l’opposizione ad «attività separatiste» e a «interferenze straniere». Atteso domani il discorso “diplomatico” del ministro degli esteri Wang Yi, mentre entro lunedì verranno approvate diverse leggi, a partire dalla riforma del Consiglio di stato.