A quattro anni, nel 1943, Carolee Schneemann ha schizzato un disegno che ancora oggi si può osservare tra i suoi materiali d’archivio. Si intitola The Exuberant Cat. Mostra la sagoma di un gatto che sbuca con le zampe anteriori, aperte e in movimento, da una scatola che potrebbe essere quella di un prestigiatore. Alcune linee sul fondo imprimono al tutto un certo dinamismo (sarà stata una scatola volante?). E ora che Carolee Schneemann se n’è andata, come parlarne, senza tirare in ballo i gatti? Sembra, ma non è una boutade. Lo afferma lei stessa in una lettera del 1974, indirizzata a Margaret Fisher: «The cat is my medium» – Il gatto è il mio medium.

All’epoca, Carolee Schneemann ha già fatto in tempo a farsi cacciare dal Bard College per «condotta immorale» (tornerà lì anni dopo, come insegnante). Posa nuda, come modella, per le classi di disegno. Dipinge autoritratti. La sua nudità, in un’America ancora puritana e bigotta, viene considerata inaccettabile, quasi aliena. Si trasferisce alla Columbia University. Lì incontra James Tenney, suo compagno, futuro musicista, instancabile sperimentatore.

Dipinge, influenzata dagli espressionisti astratti (De Kooning) e da Cézanne (su cui scriverà un libro intitolato Cézanne, She Was a Great Painter). Un suo quadro del 1957 si intitola Personae: JT and the 3 Kitchs. JT è James Tenney, ma chi è Kitch? Il loro gatto, fissato in tre diverse pose, in una specie di sovrimpressione temporale. Sia l’università che l’ambiente della pittura le sembrano decisamente misogini (gli espressionisti astratti poi). I filmmaker pure.

Stan Brakhage la filma nel 1959 in Cat’s Cradle, obbligandola a indossare un grembiule. La cosa la disturba. Comincia a prendere le misure e a farci i conti, diventando una delle figure di riferimento tra le artiste femministe. A New York entra in contatto con Kaprow, Cage, Merce Cunningham, Fluxus, Rauschenberg, e inizia a produrre una serie di happening che nel tempo evolvono, arrivando ad includere diversi media, film, slides: lo chiama Kinetic Theater.

Un buon esempio è Illinois Central. I primi lavori (ad esempio Meat Joy) erano più vicini all’azionismo viennese (ne parlerà Valie Export). Questo per dire che il lavoro di Schneemann, le sue performance, ad esempio Interior Scroll (1975), Up to and Including Her Limits (1973–76), così come i suoi film, sono prima di tutto esperienze «fisiche». Animali.

Il suo corpo nudo e il corpo della pellicola sono protagonisti di Fuses, il suo film più famoso, realizzato tra il 1964 e il 1967. Tra le giunte, le sovrimpressioni, gli strati di pellicola colorata, che a fatica si riesce a stampare, dato lo spessore della copia matrice, ci sono le scene di sesso tra lei e Tenney. E compare Kitch. Serafico. Non si scandalizza. Lo stesso Kitch verrà filmato, fino alla sua morte, in Kitch’s Last Meal (1973-76). Dunque? Il gatto è il mio medium? Sì. O, come direbbe Jacques Derrida, l’animale che dunque sono.