Una diva del balletto, un’artista «pasionaria», una donna per cui arte e politica non sono mai state disgiunte, uno spirito indomabile che pareva eterno. È morta all’età di 98 anni Alicia Alonso, formidabile madre del balletto cubano, una forza della natura per eleganza, determinazione, temperamento. La capacità di vedere dai suoi occhi se ne era andata da tempo, le prime operazioni risalgono agli anni Quaranta del secolo scorso, eppure le sue interpretazioni di Giselle, la sua capacità di correggere, di intuire cioè che avveniva in scena dal modo in cui le scarpe da punta sfioravano il pavimento, sono leggenda.

ERA NATA il 21 dicembre 1920 in un quartiere dell’Avana, iniziò a studiare danza da bambina, si capì presto che aveva del talento. Nel 1937 partì per gli Stati uniti: vinceva ogni audizione, entrò nel Ballet Caravan e nel 1940 nel Ballet Theatre, il futuro ABT. Alicia Markova si ammalò e fu lei a debuttare in Giselle imparando la parte in meno di una settimana. Un successo. Ma il suo cuore era all’Avana. Nel 1948 tornò nel suo paese per fondare la sua prima compagnia e nel 1950 quell’Accademia da cui sarebbero usciti paladini di un classico dal favoloso temperamento latino. Famosa la sua rivolta contro la corruzione di Batista e la sua amicizia con Fidel Castro. Amava raccontare di quando lui le mandò nel 1959 un messaggio dalle colline dove era nascosto: «Dimmi di cosa hai bisogno per la tua scuola e la tua compagnia. Io risposi e quando la rivoluzione fu effettiva ebbi quello che volevo». La compagnia divenne il Ballet Nacional de Cuba, un emblema del Governo Rivoluzionario. Alicia fu una delle prime ballerine occidentali a danzare a Leningrado e al Bolshoi in piena guerra fredda. Ambasciatrice di una visione del mondo e della danza che non muore con lei.