60 milioni di dischi venduti, 65 film (fra questi Fight Club e Rocky Horror Picture Show) e, soprattutto, un album diventato storia del rock Bat Out of Hell, 40 milioni di pezzi in tutto il mondo, un record che ha resistito fino all’uscita di Thriller. Meat Loaf, l’autore, se ne è andato a 74 anni a poco meno di un anno dalla morte del suo collaboratore di lunga data Jim Steiman, il primo a intuire le potenzialità di Meat – voce profonda e grintosa dalla notevole estensione – e intorno a lui scrivere le canzoni di Bat Out of Hell (1977). Con la complicità di Todd Rungren – il produttore – Steiman azzecca una serie di pezzi perfetti, un concept album a sfondo fumettistico che in qualche modo viene influenzato dai primi successi di un giovane Springsteen, quadri urbani e storie di riscatto.

UN SUCCESSO INCREDIBILE – anche perché gli esordi di Meat Loaf non sono dei migliori, la sua voce non viene infatti valorizzata e lui stesso si getta in progetti non all’altezza, come nel debutto (1972) Stoney and Meatloaf che lo vede affiancarsi alla cantante Shaun Murphy. Ma è un disco fragile che non ha nessun riscontro.
Dopo Bat Out of Hell – che avrà nel tempo perfino due sequel – Meat si dibatte fra problemi di varia natura: incidenti, droga la cui dipendenza si riflette dal vivo in ripetute defaillance vocali. Dopo quattro anni arriva il successore, Dead Ringer (1981), sempre Jim Steiman al suo fianco, ma non si va oltre un pop rock di maniera anche se il duetto con Cher (Dead Ringer for Love) non è male.
L’attività musicale – che alternerà con quella attoriale cinematografica e televisiva – avrà un ultimo guizzo nel 1993 quando da Bat Out of Hell II. Back into Hell il singolo Ì’d Do Anything for Love (But I Won’t Do That) gli farà guadagnare un Grammy Awards.