Il suo volto era indissolubilmente legato a Inside the Actors Studio, il programma che ha condotto dalla suo esordio, nel 1994, al 2019 (in Italia alcune stagioni sono andate in onda su Planet): James Lipton, l’intervistatore di attori e registi per una platea di aspiranti attori, è morto lunedì a 93 anni. Ex studente di recitazione lui stesso (con la fondatrice dell’Actors Studio Stella Adler), Lipton non aveva mai avuto successo né una grande carriera come attore, a eccezione di alcune parti in soap opera come Sentieri – di cui è stato anche sceneggiatore.

Le sue interviste della durata di 4 o 5 ore – poi ridotte a una per la tv – si svolgevano su un palco disadorno, sopra il quale c’erano solo due sedie – la sua e quella dell’ospite – un tavolino e lo schermo su cui riguardare le sequenze più indimenticabili della carriera dell’intervistato. Palco su cui sono saliti centinaia di attori – fra cui Faye Dunaway, Robert Duvall, Harrison Ford, Morgan Freeman, Gene Hackman, Liza Minnelli, Jeanne Moreau, Paul Newman, Michelle Pfeiffer, alcuni perfino due volte come Anthony Hopkins e Al Pacino – e grandi registi come Francis Ford Coppola, Clint Eastwood, Sydney Pollack e Martin Scorsese. Il principio a cui Lipton si è sempre attenuto era non occuparsi mai di gossip, ma sempre e solo del mestiere del cinema – anche se alcuni dei momenti più memorabili di Inside the Actors Studio sono quelli più scanzonati, come la girandola di imitazioni di Kevin Spacey.

I SUOI MODI affettati ne avevano fatto anche un bersaglio satirico: su tutti di Will Ferrell a Saturday Night Live e dei Simpson dove il suo personaggio – doppiato da lui stesso – viene ucciso dall’Arnold Schwarzenegger di Springfield: Rainier Wolfcastle.
Tutte le interviste di Lipton si concludevano invariabilmente con una sua rielaborazione del questionario di Proust, e con la domanda «Se Dio esistesse, cosa vorresti che ti dicesse alle porte del cielo?». G.Br.