Era il 2019, inizio primavera, e da Parigi ricevo la telefonata di Stefano Miraglia, artista e curatore, membro del Collectif Jeune Cinéma. «Sai come contattare Ellis Donda? Abbiamo una copia in 16mm di un suo film ma non sappiamo come rintracciarlo». Novella Don Abbondio («Carneade! Chi era costui?»), ripenso a quel nome misterico che avevo solo brevemente incontrato in letture passate e che amici più grandi, frequentatori di stagioni d’oro della critica italiana, ogni tanto menzionavano. Scrivo, telefono, interrogo Alberto Abruzzese, Enrico Magrelli poi Alessandro Cappabianca, fondatore insieme a Ellis, Michele Mancini, Giuseppe Perella e Renato Tomasino di Fiction. Cinema e pratiche dell’immaginario, rivista nata nel 1977 dall’esigenza di marcare il versante «lacaniano» della critica (E proprio l’utilizzo del termine «immaginario» non fa che ribadirlo). Passano i giorni, nessun riscontro, nessuna luce che possa diradare la nebbia di una figura in apparenza svanita nel nulla verso la fine degli anni 2000, ufficialmente inattiva dal 2007, anno in cui ha presentato il film-saggio Esercizi di cinema alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro.

Ellis Donda

POI, GRAZIE a un fotogramma del suo primo cortometraggio Engel und Puppe pubblicato su un post Facebook, un’amica di Ellis si fa viva e l’arcano è presto svelato. Ellis c’è, dopo anni a Roma è tornato nel suo paesino in Friuli, Terzo di Aquileia, e per me e Stefano si apre uno scrigno che nei messi successivi disseppellisce la sua opera (critica, cinematografica, saggistica). Dunque chi era Ellis Donda, morto domenica all’età di 76 anni? Nato ad Aquileia, vicino Udine, nel 1947, si laurea in antropologia a Trento e frequenta il Centro Sperimentale nel biennio ’73-’74. È lì che gira il suo primo film Engel und Puppe, saggio finale di un corso di cinema sperimentale gestito da Roberto Rossellini e cortometraggio dalla duplice natura. Adattamento di alcuni versi tratti dalle Elegie Duinesi di Rilke con un occhio alle sperimentazioni linguistiche di Godard. In quei venti minuti però c’è molto di più: la pluralità linguistica (dialetto friulano, francese, tedesco), l’architettura di Vienna, la poetessa francese Jacqueline Risset, la lotta di classe.L’esordio con il film «Engel und Puppe», gira documentari per la Rai «Parigi 50» «Il corpo rubato», scrive libri «Il segno e il corpo di Zorro», «Invocazione»

IN ITALIA il film non suscita particolare interesse, non accade invece in Germania e in Francia dove viene presentato al Festival di Tolone e a quello di Oberhausen. Negli anni successivi Ellis continuerà a occuparsi di cinema d’avanguardia in varie forme e gli anni Ottanta saranno i più prolifici: gira documentari per la Rai (Parigi 50, l’esistenza immaginata e Il corpo rubato), scrive tre libri-saggio (Il segno e il corpo di Zorro, Metafore di una visione e Invocazione) e articoli per Il manifesto come il bellissimo Due o tre cose che so dei Kramer sul film di Robert Benton. Riletto come film chiave nella dissoluzione del sogno di celluloide americano, come cinema che nasce dalla televisione e vive della sublimazione estetica dei suoi standard percettivi e comunicativi.

NEL 1986 poi partecipa al festival di Salsomaggiore con il mediometraggio Altre epifanie, a partire da un testo joyciano sul cinema, fino a diradare sempre più la sua presenza. Insegnando cinema ai ragazzi delle scuole medie del suo Friuli. Un elenco non certo esaustivo della sua iridescente polivalenza, «quasi unico tra noi» mi dirà poi Cappabianca. Tornando al 2019, riusciamo a contattare Ellis e a proporgli uno spazio all’interno del festival I Mille Occhi di Trieste dove poter proiettare alcuni suoi film faticosamente reperiti fra gli archivi Rai, oltre alla copia del CJC. Accetta con gioia, quasi meravigliato. Ricordo i suoi occhi fanciulli scrutare luoghi di cinema oramai per lui alieni, la commozione nel leggere le affettuose righe che Cappabianca gli dedica sulle pagine di Alias, il suo pensiero lucido nei Q&A post proiezione. Ellis si è quasi sempre focalizzato sulle tematiche del Corpo nel cinema: quello degli attori, «il corpo-macchina, costretto alla macchina né più né meno che il corpo dell’operaio alla catena di montaggio». E per noi, questo suo corpo «ritrovato» a Trieste altro non fu che una (vera) altra epifania che ancora vive nel nostro sguardo. (Grazie a Stefano Miraglia, prossimo curatore di una raccolta di testi di Ellis).