Sabato notte, Danni Antonello, il poeta, traduttore, scrittore, libraio, editore, libero pensatore e caro, dolce, schietto amico è morto a soli 39 anni, stroncato da un malore improvviso. Era nella sua «bottega di arti, libri e carte», la letteralmente e letterariamente meravigliosa e preziosa libreria Scaramouche, nel centro di piazza Mazzini, a Macerata. Danni se n’è quindi andato da questa terra rimanendo accanto, in mezzo, ai suoi amati libri, la passione della sua vita. Una vita troppo breve e nella quale forse solo ora cominciava a raccogliere i giusti e degni frutti, per dirla con un tradizionale e certamente insopportabile adagio.

DANNI, di origine venete, solo da un decennio si era trasferito nelle Marche, per un dottorato in letterature comparate presso l’Università di Macerata e quindi il sodalizio con il fraterno amico e collega Gino Giometti che aveva portato, una manciata di anni fa, ad intraprendere l’avventura, condivisa sin nel nome, della casa editrice Giometti&Antonello. Un piccolo gioiello editoriale, fatto di pubblicazioni raffinate e imprevedibili, con una cura editoriale e grafica straordinaria, vere e proprie «chicche» per qualsiasi bibliofilo: dal Jacques Prevel, In compagnia di Antonin Artaud, al carteggio tra Ernst Jünger e Albert Hofmann, LSD (recensito da Gianluca Pulsoni sul numero di Alias uscito quel maledetto sabato 21 ottobre e che perciò Danni avrà fatto appena in tempo a leggere).

E la Giometti&Antonello, fin dal suo programma editoriale, un manifesto culturale, rappresenta al meglio lo spirito di Danni, perennemente alla ricerca di «scritti che sfuggono di mano al loro autore, pagine postume, anche se «pubblicate in vita», lettere e diari, «appunti sparsi e persi», e tutti quei frammenti di scrittura che puntellano le rovine della moderna letteratura d’Occidente». Danni il cantore, che declamava le sue poesie anche nelle intemperie giovanili di quei nuovi movimenti sociali frequentati comunemente nel passaggio di millennio, eppoi alternando un bicchiere dei rossi marchigiani e veneti che troppo poche volte abbiamo condiviso. Danni il dandy, per me, anche, con una conoscenza sconfinata di opere, traduzioni, edizioni, autori: forse il più esperto ed entusiasta ricercatore e narratore di opere che abbia mai avuto la fortuna di incontrare.

IL SUO INTERCALARE veneto, i mille e mille libri letti, consigliati e scovati in quell’imprevedibile antro delle meraviglie bibliotecarie che è la libreria Scaramouche, l’esaudire di ricerche e domande impossibili: tutto questo e molto altro è lo sguardo malinconico, affettuoso e profondo di Danni, il suo baffo sbarazzino, un po’ come la solita scoppoletta in testa. Che non ci saranno più. Non rimane che abbracciare fortissimamente chi resta senza Danni, la piccola figliola, Gino e quel vuoto che troveremo quando diremo «chiama Danni, che lo saprà sicuro dove trovare questo libro». Che la terra ti sia lieve, caro Danni.