Patience inforca gli occhiali scuri, non ama particolarmente essere fotografata, in qualche modo continua a lavorare con il suo skaf attorcigliato intorno alla testa. Con una certa difficoltà infila l’ago nella macchina da cucire, poi inizia a parlare. «Lavoravo come sarta già in Nigeria, alcuni amici piloti di linea mi dissero che potevo cucire per il mercato europeo, così mi proposero di venire in Europa e sono arrivata a Roma nel 1995. Mi comprarono due macchine da cucire anche se non si muovevano come quella che avevo in Nigeria, e così ho iniziato. Poi quando ho visto come andava la situazione, ho deciso di aprire un negozio con loro a Pescopagano (Mondragone)».

Patience è sposata e ha tre figli, la più grande sta preparando gli esami di ammissione per Medicina, nel 2020 si è unita alla sartoria sociale dell’Associazione Action Women di Castel Volturno. Il progetto era stato avviato nel 2018 dai comboniani che agiscono nel territorio da diversi anni, al suo esordio la sartoria nacque nell’ambito di un’altra associazione, la Black and White, sempre dei padri missionari, poi diventata indipendente.

Mary Aigbeghian vive a Castel Volturno da circa 22 anni, da quando arrivò in Italia. «Lavorare per AW mi ha dato la consapevolezza per capire quello che riesco a fare, mi ha fatto scoprire le mie capacità, creative e non. Il cambiamento c’è stato anche all’interno della mia famiglia, capisco meglio tante altre cose e soprattutto del mondo femminile, delle donne. È importante che la donna sia in grado di lavorare fuori dal contesto domestico anche se questa nuova conoscenza mi aiuta anche in casa: ora so come riparare i vestiti dei miei figli e di mio marito invece di andare avanti e indietro a cercare qualcuno che lo faccia. Per noi è un gran risparmio di tempo e di soldi. Ciò mi rende anche più autonoma», afferma Mary.

Ma è un discorso che va più nel profondo. «Non è stata una forzatura, sentivo una grande forza interiore per fare il lavoro e per andare avanti, aumenta la mia autostima e mi dà consapevolezza dei miei mezzi».

La cruna dell’ago

Mary è l’unico membro che fa parte di AW fin dal principio e delinea le tappe che si sono succedute: «AW nasce attraverso i nostri bambini e l’associazione B&W dei padri comboniani che pensava ai nostri figli per il doposcuola. L’idea di AW nasce da questa organizzazione, hanno chiamato noi mamme e ci hanno parlato del progetto di sartoria. È stata subito una cosa che volevo fare senza pensarci due volte. Ho iniziato proprio da zero perché non sapevo neanche mettere il filo nella cruna dell’ago e tantomeno dove si accendesse la macchina da cucire. Oggi, dopo quasi 5 anni sono contenta, ho acquisito una professione e voglio andare avanti. Quest’associazione puntava sull’emancipazione di noi mamme e in parte lo abbiamo raggiunto», afferma orgogliosa Mary.

AW è molto di più che una mera associazione di sartoria sociale nella realtà della lunga arteria della via Domiziana. «Come è la mia esperienza in AW? Bella, perché è un lavoro che amo e che amo fare. Sono contenta che mi abbiano invitata a far parte di questo progetto – afferma Patience Agbonkonlon, una delle ladies – e ringrazio la nostra leader Paola Russo e il suo modo di fare con noi, non tutti hanno la stessa pazienza, specialmente per il colore della nostra pelle. Lei è sempre vicino a noi, piova o ci sia il sole e cerca di fare in modo che tutto vada bene per noi. Sì, mi piace questo lavoro, ma è importante che ci sia qualcuno che ci supporti. Siamo fortunate ad avere Paola qui e Barbara a Roma, e siamo fortunate, perché invece c’è gente che odia queste cose … Paola e Barbara non ci odiano, portiamo il nostro cibo africano e loro mangiano con noi, siamo come sorelle, viviamo insieme e ci amiamo».

Il caso Masslo

Villa Literno, in provincia di Caserta, a pochi chilometri da Destra Volturno, attuale quartiere residenziale della comunità nigeriana, dove risiedono le ladies di AW (è il più grande in Europa –  qui il rapporto del ministero per il 2021 – e diventò tristemente famoso nell’agosto del 1989, quando il cruento assassinio razziale di Jerry Essan Masslo, da parte di giovani criminali locali, portò sul tavolo dell’allora governo la questione dei rifugiati politici extraeuropei, questione che si tradusse nella ratifica della legge Martelli che finalmente applicava nell’ordinamento italiano, dopo quasi 40 anni di ritardo, la Convenzione di Ginevra del 1951.

«Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo c’è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo» .(1989, Jerry Essan Masslo). La morte di Masslo portò in prima pagina un altro aspetto che avrebbe riempito le righe della cronaca italiana del secondo millennio: la questione del caporalato agricolo e, successivamente, del ghetto di Destra Volturno.

Le problematiche coinvolgono tutti e tutte. Rosa Garofalo, una delle ladies di AW, originaria della vicina Cardito ma che vive a Castel Volturno da molti anni con tutta la famiglia, espone molte problematiche della gestione amministrativa del territorio che ricade direttamente sulle famiglie: «Qui manca completamente un servizio di trasporto pubblico. Le mie figlie di 13 e 15 anni vanno al doposcuola della Casa del Bambino a Destra Volturno, ma devono superare a piedi il ponte della Domiziana che attraversa il fiume Volturno, in rifacimento da più di due anni ma ancora privo di uno dei parapetti laterali, quindi pericoloso soprattutto, d’inverno, quando fa buio presto e loro finiscono il doposcuola alle 19:00».

Rosa lavora nel mondo del tessile da quando aveva 12 anni ma solo nel 2020 è venuta a contatto con AW per diventarne membro. «Ho iniziato con dei quadrati per le colombe di Pasqua, andavo a dare una mano presso l’associazione B&W e ci siamo incontrate. L’esperienza con AW mi ha migliorata, sia sotto il profilo del coinvolgimento personale, che il modo di interagire con le persone. È un’emozione fantastica, ho conosciuto delle ragazze di colore magnifiche e mi sento di stare a casa. Non credo di essere una tutor perché loro sono bravissime e imparano velocemente, hanno una voglia di apprendere qualsiasi aspetto del lavoro: dal taglio al cucito fino a come funziona la macchina taglia e cuci …», conclude Rosa.

Paola Russo racconta che la sede di AW, la Casa di Alice, è stata presa in comodato ad uso gratuito, è un bene sequestrato alla camorra, era la casa di Pupetta Maresca. «Qui aveva la sede una cooperativa nata dall’associazione Jerry Masslo che gestiva una sartoria del marchio «Made in Castel Volturno» (attiva per una decina d’anni), la morte della capo sarta Bose ne ha decretato la morte aziendale. Questo posto era abbastanza privo di attività, perché la Masslo non faceva più i doposcuola, i laboratori con i ragazzi, la sartoria aveva quasi chiuso i battenti. Noi che proveniamo dai comboniani, avevamo bisogno di una sede. Così l’ass. Masslo dall’autunno del 2020 ci ha dato la possibilità di sfruttare questi spazi e ci siamo spostati da Destra Volturno dove eravamo ancora con l’associazione B&W, anche perché c’erano già le macchine da cucire ma ormai inutilizzate», racconta la Russo.

Paola è diventata una profonda conoscitrice del territorio. «Sono stata chiamata nel 2011 dai missionari comboniani ad occuparmi di progettazione. Attraverso lo studio che ho dovuto elaborare per il progetto, ho conosciuto Castel Volturno. Grazie a padre Antonio Bonato e Rosalba Scafuro, ex assessore del comune di Castel Volturno, ho conosciuto la realtà in profondità perché ho girato per connection house, case di prostituzione, case nido, posti come la Casa del Bambino che era sulla Domiziana, un asilo per i bambini delle ragazze che si prostituivano, quindi garantire un luogo sicuro per i più piccoli … è una creatura di padre Giorgio Poletti. Inoltre i missionari molti anni hanno fatto anche unità di strada per cercare di dare una mano alle ragazze», continua Paola.

La realtà è molto complessa, oltre i comboniani e alcune Onlus c’è anche Emergency che svolge a Destra Volturno un lavoro di assistenza sanitaria che è praticamente inesistente. «C’è tantissimo lavoro, ci sono progetti di associazioni che vengono, vincono un bando insieme a qualche associazione locale, fanno le loro cose però dopo il progetto se ne vanno. È bello, ok, ma poi non lascia particolari ricadute sul medio lungo periodo», precisa Paola.

Riprende il discorso dell’assenza di piani pubblici per il territorio: «È appena finito un progetto che prevedeva voucher abitativi, per il sostegno agli affitti, che non sono riusciti ad erogare perché i padroni di casa non affittano agli africani. Inoltre prevedeva una linea di trasporto per il lavoro, un vero problema perché, insieme a quello scolastico, è completamente assente! Ci sono i pullman abusivi, gli «One Euro» (costo del biglietto n.d.r.), ma i vari sindacati invece di regolarizzarli in cooperative legali delegano la questione ai vigili che sequestrano i veicoli e non risolvono il problema. I pulmini «One Euro» sono gli unici che funzionano sulla Domiziana, i ragazzi per andare a scuola devono fare km e questa è l’unica possibilità per andare a lezione, soprattutto quando piove (in altre realtà della Campania, per esempio ad Ercolano sono stati regolarizzati n.d.r.), altrimenti si resta a casa», conclude con un misto di amarezza e di rabbia.

Mentre Paola parla, Patience si siede al posto di Rosa che è andata via perché nessuna sa come far funzionare la taglia e cuci. Mary cerca aiutare Patience, dopo un poco si aggiunge anche Patricia, il loro vocio si fa sempre più acceso ma è un modo di parlare normale, fa parte della loro cultura. Le mani si sovrappongono una all’altra nel tentativo di ognuna di capire come funziona l’apparecchio. Patiences cerca di infilare il filo nell’ago della macchina ma non ci riesce, allora interviene Mary che va a colpo sicuro e il filo passa nella cruna.

Poi ognuna si rimette al proprio posto, chi cuce, chi stira, mentre Paola con le sue forbicine rifinisce i capi dai fili penduli rimasti aggrappati ai vari modelli. C’è tanto da lavorare, per tutto il periodo prenatalizio gli ordini sono alle stelle: 800 copri-agenda per la Onlus Konou Sorridi Africa e 100 per la casa editrice Marotta&Cafiero, 200 shopper per il caseificio Spinoza, infine preparare i modelli da portare per il mercato delle Meraviglie di Natale presso la chiesa sconsacrata degli Scalzi di Napoli.
«Empowerment e capacità d’inserimento lavorativo sebbene l’obiettivo primario sia l’impresa, e quindi la crescita delle singole donne che seguono la sartoria, per ottenere l’autosufficienza, l’indipendenza e una formazione costante», afferma Barbara Annunziata, la fashion designer romana che indirizza la linea stilistica di Action Women dal 2018, parlando della sartoria.

Lo skaf

Barbara fu chiamata da Paola Russo, che segue il progetto dagli albori: «Il tutto è iniziato con un workshop immersivo di tre giorni, i tutor erano una grafica, degli architetti, una designer e una persona che si occupava di internazionalizzazione dei prodotti per dare un’idea del percorso che avremmo fatto insieme. Disegnammo l’idea di impresa e quindi contemporaneamente mostrammo come funziona un’impresa sociale, il livello raggiunto da alcune nel settore e ciò che avremmo voluto raggiungere», ricorda Barbara.
«Abbiamo creato un nostro marchio, Temporary Roots, non ancora registrato. Lo skaf è stato l’inizio, un turbante in stile africano che ammicca al gusto europeo, il nome proviene dall’inglese scarf (sciarpa) e occhieggia un po’ il dialetto napoletano. Poi abbiamo lanciato diversi claim. Il primo è «Mettitelo bene in testa» che non era solo per lo skaf ma perché ’Un mondo migliore è possibile’. Il secondo che stiamo utilizzando di più è «Tutte siamo una» che nasce dai diari di bordo di AW soprattutto del periodo di lancio dello skaf a dicembre del 2018 che al mercato Meraviglia di Napoli fu un successo incredibile, li vendemmo tutti», conclude Paola.

Barbara Annunziata vorrebbe trasformare AW in una Srl, Paola vorrebbe comunque mantenere anche l’associazione, proprio per puntare e stimolare l’imprenditoria femminile nel territorio. Nel frattempo Barbara sta tessendo reti di collaborazione con la Confindustria di Como per future partnership e di fornitura di tessuti certificati da pagare in piccole e abbordabili rate, mentre al momento si tratta solo di donazioni di tessuti di fine serie. Ciò garantirà quell’approvvigionamento della materia prima che spesso per AW può diventare difficile e costoso. La stoffa wax usata nella costa occidentale dell’Africa può diventare inaccessibile quando si tratta di comprare l’originale. A volte sono donazioni di associazioni o imprese che lavorano nel sociale, altre volte bisogna accontentarsi di acquistare dai negozi indiani, più economici ma di qualità inferiore che vengono usate per lavorazioni meno complesse. Un aspetto importante di AW è che ogni piccolo «scarto» non viene buttato ma utilizzato fino all’ultimo centimetro, come per esempio per le borsette struccanti, fatte da un lato da cotone certificato e dall’altro con i ritagli avanzati dei capi più importanti.

Il focus di AW che è anche il suo punto di forza lo specifica Annunziata: «… la mia esperienza all’interno della sartoria sociale è di mettere al centro un maggiore senso di mixité culturale e di linguaggio. Quindi in qualche modo, la sartoria e l’esperienza con le ladies mi hanno portato ad allargare quello che era il classico linguaggio che usavo precedentemente. Le ladies di AW non sono solo delle semplici esecutrici, ma entrano nel processo creativo, mentre di solito nelle sartorie sociali dietro la social equity c’è sempre un’imprenditrice/ore che svilisce il ruolo delle ladies/lavoratrici».

Nel 2020 Barbara e Paola hanno costituito un’APS (Associazione di Promozione Sociale) che permette a AW di partecipare a tutti i bandi nazionali e Vivian, Patience, Rosa, Patricia e Mary ne fanno parte e sono tutte allo stesso livello, perché #tuttesiamouna e #mettitelobeneintesta … che «un mondo migliore è possibile» (actionwomen.it).