Stretta di mano tra la struttura commissariale di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria e le organizzazioni sindacali. Le parti sociali hanno firmato la cassa integrazione straordinaria per 4.050 lavoratori totali, non più i 5.200 inizialmente proposti, con validità retroattiva a decorrere dalla data di dichiarazione di insolvenza dello scorso marzo.

La misura, valida per i prossimi 7 mesi e prorogabile di ulteriori 12 dopo un esame congiunto tra le parti, colpirà soprattutto Taranto con 3.500 dipendenti, seguita da Genova con 270, Novi Ligure con 175, 35 a Marghera, 25 a Milano e 10 a Paderno. Prevista, inoltre, un’integrazione dell’indennità di Cig fino a garantire il 70% della retribuzione totale percepita dai lavoratori.

L’accordo, secondo quanto riferito al Consiglio dei ministri – dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e dalla ministra del Lavoro Marina Calderone – «consentirà di accompagnare il piano di ripartenza studiato dai commissari. Attesi anche percorsi di formazione e riqualificazione per i lavoratori in Cigs, al fine di garantire la fungibilità delle mansioni e preparare alla conoscenza del funzionamento dei forni elettrici e alla transizione digitale, prevista per il 2030».

Il cronoprogramma degli interventi, che scongiura l’ipotesi degli ammortizzatori sociali per i lavoratori addetti a manutenzione e sorveglianza, prevede diverse fasi, che, in concomitanza col ripristino degli altoforni 1 e 2, (attualmente solo Afo4 è in marcia, seppur a intermittenza e continuamente sottoposto a interventi di manutenzione) porterà all’aumento della produzione già a partire dal prossimo ottobre, propedeutico all’azzeramento della Cigs e al ritorno in attività dei lavoratori a partire da giugno 2026.

Tra questi, alla luce del prossimo bando di vendita annunciato dal Mimit, anche i cassaintegrati di Ilva in amministrazione straordinaria che, in virtù dell’intesa stipulata, hanno visto ribadire la legittimità dell’accordo teso alla tutela occupazionale del settembre 2018.

I sindacati, con Fiom Cgil, Fim Cisl, Usb e Uilm in testa, hanno espresso soddisfazione: «l’affermazione della valenza di quanto stabilito 6 anni or sono ha un’importante valenza politica. L’accordo sottoscritto, infatti, non è limitato alla sola gestione della Cigs, ma riconferma, da parte di Acciaierie d’Italia in As, la validità dell’accordo del 6 settembre 2018».

Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro Urso, presente a Taranto per l’inaugurazione della sede dell’ispettorato territoriale del Mimit: «siamo sulla strada giusta, ce lo dice da una parte la Commissione Europea molto severa sugli aiuti di Stato e dall’altra il consenso delle organizzazioni sindacali. In questo commissariamento, a differenza di quanto accadde oltre 10 anni fa, noi siamo riusciti a salvaguardare la filiera dell’indotto con procedure di grande significato e con modifiche legislative che ci hanno consentito di fare scendere in campo in maniera significativa la Sace».

La situazione dell’indotto, in realtà, sarebbe più complicata di quanto dichiarato dal ministro. Le ditte, riunite quasi totalmente nel consorzio Aigi, se da un lato manifestano soddisfazione per la proposta avanzata dai commissari di Acciaierie d’Italia in as, col recupero del 70% dei crediti vantati nei confronti del vecchio management della holding, dall’altro rischiano di scontare sulla propria pelle i costi dell’operazione di cessione del credito a Sace. Quest’ultima, infatti, comporterebbe ulteriori oneri, attestabili intorno al 13%, che di fatto diminuirebbero ulteriormente la somma (già parziale) di credito vantato, dimezzandola.

Il sottobosco in cui hanno luogo crediti vantati e non restituiti, e soddisfazione per misure a breve termine e parziali, è quello di una città in cui a crescere sono solo il numero dei lavoratori in cassa integrazione. Una città che, proprio in questi giorni, si appresta a ricordare l’anniversario del sequestro degli impianti dell’area a caldo senza facoltà d’uso, avvenuto ormai 12 anni fa, per ottemperare alle mancanze di quel sistema industriale che per troppo tempo aveva ignorato i suoi devastanti effetti sull’ambiente e sulla popolazione.