Qualcuno aveva addirittura scomodato il paragone con la marcia dei 40mila a Mirafiori. La lotta dei lavoratori della logistica Gottardo di Padova e Broni era stata messa in secondo piano dalla contro manifestazione di un centinaio di lavoratori dei Tigotà – catena di negozi di cosmetici e per la casa – che protestavano contro i blocchi che impedivano l’approvvigionamento dei punti vendita della stessa proprietà per la movimentazione merci.
Per fortuna tutto si è concluso ieri con l’accordo siglato alla prefettura di Pavia con cui i sindacati Adl e Si Cobas portano a casa gran parte delle loro richieste che hanno fatto partire la mobilitazione dei facchini e da lunedì riporterà alla normalità il lavoro dei negozi Tigotà. E si spera zittisca anche la spirale mediatica che aveva alimentato lo scontro fra poveri.
La vicenda parte da lontano. A Padova il sindacato Adl Cobas anni fa ha denunciato le condizioni di sfruttamento e para-caporalato nella logistica del magazzino Gottardo.
L’inchiesta – che ha solo lambito il proprietario dell’azienda – ha portato addirittura agli arresti di chi gestiva il magazzino e ha fatto emergere l’uso massiccio del caporalato, imposizione di orari assurdi (fino anche a 14 ore al giorno), evasione fiscale e contributiva, nessuna integrazione per malattia e infortunio, cambi continui di cooperative.
Bonificata la situazione con l’applicazione del contratto nazionale della logistica, la Gottardo ha deciso di aprire un altro magazzino Tigotà a Broni (Pavia) con altro nome (Winlog invece che Logup) e gran parte di contratti precari. La mancata proroga di otto lavoratori della logistica ha portato alla protesta di una sessantina di facchini, iscritti al Si Cobas. Da domenica 29 settembre è arrivato il picchetto a Broni, subito affiancato per solidarietà dai compagni di Padova con 4 ore di sciopero al giorno.
Giovedì un centinaio di dirigenti e lavoratori amministrativi e commerciali del negozio Tigotà di Padova si è contrapposto al blocco dei facchini. Vestiti con la tenuta aziendale, armati di striscione «Belli, puliti e profumati» e cartelli con su scritto «Vogliamo lavorare, protestare per costruire, non per distruggere» e guidati dai responsabili logistica e risorse umane, a favore di telecamere, hanno alimentato la guerra fra poveri.
«La contrapposizione sembrava essere da una parte “belli, puliti e profumati” i lavoratori del commercio; dall’altra i facchini “brutti, sporchi e cattivi” – osserva Gianni Boetto, fondatore dell’Adl Cobas Padova -. La cosa preoccupante è che questi lavoratori non sapevano niente delle condizioni e delle lotte dei facchini: l’individualismo egoista che domina i nostri giorni li ha portati ad ascoltare il padrone e manifestare contro chi si batteva per i diritti e la solidarietà senza capire che la loro condizione di precariato, salariale e contrattuale è molto simile».
Il giorno dopo, scena quasi uguale a Broni. Ma la sera in prefettura a Pavia i sindacati sono riusciti ad imporre all’azienda l’accordo: proroga di 4 tempi determinati, altri 4 si sono visti riconoscere perequazioni con diritto di priorità alla riassunzione, mentre per Padova martedì ci sarà l’incontro per strappare anche il ticket a 7 euro e miglioramenti sugli inquadramenti professionali.
«Siamo soddisfatti del compromesso – spiega Boetto – e ci fa sperare che una lavoratrice di Padova di Tigotà su Facebook abbia deciso di scusarsi con i facchini per la messa in scena di giovedì. È solo una però, ora dobbiamo mobilitarci per spiegare a tutti che solo uniti i lavoratori vincono».