Tornano oggi in piazza i movimenti per l’accesso alle cure, per dire no ai brevetti sui farmaci e per chiedere di rilanciare la sanità pubblica. Le piazze tornano a parlare di farmaci e brevetti. Non lo facevano dai tempi del movimento di Seattle, quando i farmaci negati al sud del mondo erano quelli contro l’Aids. Oggi In moltissime città d’Italia e di Europa si chiederà all’Unione europea di appoggiare la proposta di Sudafrica e India all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO).

La proposta di sospendere i brevetti su vaccini e farmaci anti-Covid e sul know how necessario a produrli.I brevetti e i segreti industriali ostacolano infatti l’allargamento della produzione di vaccini a favore di aziende e paesi che attualmente non hanno tutti i vaccini che servono alla popolazione. La scarsità di dosi si fa sentire soprattutto nei paesi poveri, e in particolare in Africa, dove per le vaccinazioni ci si affida alle dosi riservate dalle organizzazioni umanitarie e dall’Organizzazione Mondiale della sanità: finora circa 33 milioni di dosi da dividersi tra 92 paesi poveri. La disparità non può non colpire: mentre la metà degli inglesi e un terzo degli statunitensi sono già vaccinati, solo il 5% della popolazione mondiale ha finora avuto accesso ai vaccini. In Africa la percentuale scende allo 0,6%.

Nell’Ue si è vaccinato finora il 14% della popolazione. Più che in Africa, certo, ma non abbastanza per avere un impatto sui numeri della panemia. La posizione dell’Unione Europea a difesa delle barriere è dunque paradossale perché persino paesi ricchi come Germania, Francia o Italia oggi non trovano vaccini per mettere in sicurezza la popolazione.

Anche a Roma, a piazza Montecitorio alle 10, si terrà un sit-in. Le istituzioni italiane in questo frangente hanno infatti un ruolo decisivo. Da un lato, quello di restituirci una sanità pubblica che sappia prendersi cura della comunità prima che diventi clientela per la sanità privata o privatizzata. Ma l’Italia oggi è anche presidente di turno del G20, un consesso in cui si incontrano gli attori più importanti per la produzione e la distribuzione dei vaccini. Se si riuscisse a trovare una posizione condivisa in quella sede, gli equilibri cambierebbero anche al WTO.

Anche sul piano europeo l’Italia gioca un ruolo importante. L’Italia è il primo paese del continente per produzione di farmaci, davanti a Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, con oltre 32 miliardi di euro di produzione secondo i dati Nomisma (2020). La tradizione farmaceutica italiana affonda le sue radici negli anni ‘60 e ‘70, quando nacque una rete di aziende piccole e medie, particolarmente abili nel trasferimento tecnologico di conoscenze sviluppate altrove, che fece dell’Italia la quinta industria farmaceutica al mondo. Il settore andò in crisi alla fine degli anni ‘70 quando, anche in Italia, furono riconosciuti i brevetti sui farmaci.

Quella vicenda dovrebbe renderci più consapevoli di altri che i brevetti possono essere un ostacolo alla disponibilità dei farmaci, e anche all’economia. La posizione italiana è ancora meno comprensibile se si pensa che il ministro della salute italiano è stato eletto in una lista (LeU) affiliata alla sinistra europea, che a Strasburgo promuove l’Iniziativa dei Cittadini Europei “Nessun profitto sulla pandemia”. L’Iniziativa è il principale strumento di democrazia diretta che l’Unione mette a disposizione della cittadinanza: raggiunto il milione di adesioni, la Commissione è tenuta ad affrontare il tema proposto. Le firme raccolte finora nell’Unione sono 142 mila. Di queste, quasi un terzo arrivano dall’Italia, la cui popolazione finora ha aderito con più entusiasmo all’iniziativa. Oltre alla sinistra, anche alcuni parlamentari europei del M5S hanno dato appoggio alla proposta.

Eppure dal governo italiano, e in particolare dal ministro Speranza, non è giunta alcuna voce di sostegno alla moratoria sui brevetti. Ci si chiede quale sinistra rappresenti nel governo Draghi un ministro che in patria parla di vaccino “bene comune”, ma sul piano internazionale si accoda agli interessi delle lobby farmaceutiche.