La deportazione l’altra notte dalla Gran Bretagna ad Amman di Abu Qatada, al secolo Omar Othman, soprannominato ”l’ambasciatore di al Qaeda in Europa”, rappresenta un test per il rispetto dei diritti umani in Giordania. Lo affermano vari esperti internazionali che stanno seguendo l’ultimo capitolo di una vicenda legale che per dieci anni ha occupato tutti i primi ministri britannici. Nel regno hashemita la tortura e gli abusi in carcere sono illegali ma è noto il non rispetto in Giordania dei diritti umani. «Le assicurazioni fornite dalle autorità di Amman prima della deportazione di Abu Qatada non possono traquillizzare, perchè è nota la condizione dei prigionieri (politici) in Giordania. Nessun funzionario dei servizi di sicurezza è mai stato processato per tortura in quel Paese eppure le denunce non mancano», nota Adam Coogle, un ricercatore di Human Rights Watch. Abu Qatada, 53 anni, nato a Betlemme (Cisgiordania), nel 1999 fu condannato a morte per cospirazione politica e per partecipazione ad attentati, poi la pena fu ridotta all’ergastolo. Si è sempre dichiarato innocente. Estradato in Gb per rispondere di reati di terrorismo, era riuscito ad evitare il rientro in Giordania proprio sulla base dell’accusa di praticare la tortura rivolta alle autorità giordane.