Abu Mazen: il governo con Hamas seguirà la mia linea
Israele/Territori Occupati Il presidente palestinese prova a spegnere le polemiche con Netanyahu garantendo che il futuro esecutivo di consenso nazionale riconoscerà Israele. Allo stesso tempo ribadisce il non riconoscimento di Israele come "Stato ebraico"
Israele/Territori Occupati Il presidente palestinese prova a spegnere le polemiche con Netanyahu garantendo che il futuro esecutivo di consenso nazionale riconoscerà Israele. Allo stesso tempo ribadisce il non riconoscimento di Israele come "Stato ebraico"
«Il prossimo governo osserverà la mia linea politica». Perentorio, il presidente palestinese Abu Mazen ha confermato le anticipazioni di stampa circolate prima della seduta più importante, in questi ultimi anni, tenuta ieri a Ramallah dal Consiglio Centrale dell’Olp. Si è fatto garante di fronte a Israele e agli Stati Uniti che l’accordo di riconciliazione firmato mercoledì dal suo partito, Fatah, con il movimento islamico Hamas rispetterà le condizioni poste dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Onu e Ue) per il riconoscimento di qualsiasi governo palestinese. «Riconosco lo Stato di Israele, respingo la violenza e il terrorismo, rispetto gli impegni internazionali», ha proclamato Abu Mazen in un discorso palesemente volto a placare accuse e polemiche scatenate dal governo israeliano per la “pace” tra Fatah e Hamas. Accuse mirate ad addossare ai palestinesi la responsabilità della fine dei negoziati bilaterali, in realtà già falliti da mesi a causa della corsa alla colonizzazione della Cisgiordania palestinese e di Gerusalemme Est, voluta proprio dal premier Netanyahu e da alcuni dei suoi ministri, e per il mancato rilascio del quarto e ultimo gruppo di prigionieri palestines, in carcere da oltre 20 anni, stabilito lo scorso luglio.
Ieri sera si attendevano le reazioni di Israele al discorso di Abu Mazen di fronte al Comitato Centrale dell’Olp. Con ogni probabilità negative. Per il premier Netanyahu la riconciliazione tra Fatah e Hamas è una opportunità troppo ghiotta per accusare Abu Mazen di essere “colluso” con il “terrorismo”. E’ inimmaginabile un premier israeliano pronto ora ad accogliere le “garanzie” del presidente dell’Olp e dell’Anp, dopo aver dichiarato a gran voce che lui non accetterà mai di negoziare con un governo palestinese che includa forze che «chiedono la distruzione di Israele». E poi Abu Mazen è stato molto chiaro nel riaffermare che i palestinesi non riconosceranno Israele come “Stato ebraico”, come pretende Netanyahu. «Abbiamo già riconosciuto l’esistenza dello Stato di Israele nel 1993», ha sottolineato ieri il presidente palestinese.
Di fronte alle tensioni tra Israele e Olp, è interessante la linea morbida adottata da Hamas. Bassem Naim, un dirigente del movimento islamico e consigliere del premier di Gaza, Ismail Haniyeh, ha dato un giudizio positivo delle parole pronunciate 0a Ramallah di Abu Mazen. «Certo possiamo sostenere solo le sue posizioni su Gerusalemme, la riconciliazione, il mancato riconoscimento dello Stato ebraico e l’ammissione del fallimento dei negoziati. Ma i punti del suo discorso sono per lo più positivi», ha spiegato Naim. Ha aggiunto che Hamas vuole che la questione dei negoziati con Israele non sia affrontata dal futuro governo ma dall’Olp, che rappresenta tutti i palestinesi. «Il nuovo esecutivo – ha concluso Naim – avrà solo tre missioni: unificare le varie forze palestinesi, preparare le elezioni e ricostruire Gaza».
E’ rimasto deluso chi si aspettava un movimento islamico pronto a ribadire a voce alta il suo rifiuto di riconoscere Israele e gli accordi firmati in passato, anche a costo di mettere a rischio l’attuazione della riconciliazione con Fatah e la formazione del governo di “consenso nazionale”. Hamas stavolta non evidenzia le differenze con Abu Mazen, preferisce mettere in rilievo i punti in comune. Per la semplice ragione che ha tremendamente bisogno di trovare una via d’uscita all’isolamento politico e diplomatico totale in cui è stato scaraventato dal golpe militare in Egitto che lo scorso luglio ha deposto e sbattuto in carcere l’alleato presidente islamista Mohammed Morsi e frantumato il potere conquistato (democraticamente) dai Fratelli Musulmani. Senza dimenticare la pressione enorme su Gaza e la sua popolazione causata dal blocco israeliano.
Nelle stesse ore in cui erano riuniti i vertici dell’Olp, a Ramallah era presente anche una delegazione di Sel, guidata dal leader del partito Nichi Vendola. La delegazione – di cui fanno parte anche Gennaro Migliore, Arturo Scotto e Francesco Martone – ha visitato la tomba di Yasser Arafat, ha incontrato rappresentanti del Consiglio legislativo palestinese e ha fatto visita all’attivista Fadwa Barghouti, compagna del leader di Fatah Marwan Barghouti detenuto in Israele dal 2002 e del quale una campagna internazionale chiede la liberazione immediata. «Non se ne accorge nessuno, non ne parla nessuno…In questi giorni rischia di fallire l’ennesimo round dei negoziati tra Israele e Palestina. Gli Stati Uniti stanno per gettare la spugna, l’Europa è del tutto assente», ha scritto Vendola sulla sua pagina facebook presentando la visita, che prevede diverse tappe anche in Israele.
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