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“Abrogare subito il reato di clandestinità”

“Abrogare subito il reato di clandestinità”Il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini

Intervista Il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, ha già pronta la sua proposta in occasione della visita di Enrico Letta

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 9 ottobre 2013

Opere compensative. Ieri il presidente del consiglio ne ha parlato per telefono al sindaco di Lampedusa proprio prima della sua visita nell’isola dove si è consumata la più grande tragedia del Mediterraneo del dopoguerra. Sarebbe il caso che oggi Enrico Letta, il suo fedele ministro degli interni Angelino Alfano e il presidente dell’Unione Europea Josè Manuel Barroso, avessero l’umiltà di venire a prendere lezioni su immigrazione ed accoglienza dal sindaco Giusi Nicolini. Perché suo malgrado lei è l’unica a conoscere veramente che cosa sta succedendo, quello che avviene da molti anni nell’indifferenza generale, e che cosa bisognerebbe fare perché non accada più.

La strage ha riaperto il dibattito sull’immigrazione ma sia in Europa che in Italia non sembrano esserci le condizioni per sperare in un cambiamento in tempi brevi. Lei propone di agire subito almeno su un punto con un decreto d’urgenza.

Va abrogato immediatamente il reato di immigrazione clandestina. Non c’è tempo da perdere. Per farlo non c’è bisogno di tavoli e commissioni. Ci sono già campagne avviate da tempo e discussioni approfondite. Quello che è successo è la prova ignominiosa e più evidente dell’assurdità di questa legge. Non è ammissibile che i naufraghi superstiti debbano essere incriminati e vengano trattati da criminali. L’abolizione di questo reato è un gesto dovuto. Il minimo che può fare il nostro paese. E’ un ignominia introdotta dall’ex ministro Maroni che va cancellata anche per dimostrare che l’Italia non è leghista ma che quello è un virus che va debellato.

In base alle indiscrezioni sulle intenzioni di Letta, imprigionato dai veti incrociati della sua strana maggioranza, sembra invece che si potrebbe fare un primo passo per imbastire una legge sul diritto d’asilo. Questa è la direzione indicata anche da Napolitano. Che ne pensa?

La riflessione sul diritto d’asilo è senz’altro necessaria ed è ora di mettersi su questa strada, ma bisogna essere consapevoli che richiede tempo e condivisione anche in sede europea. Propongo che Lampedusa sia la sede d’incontro per ospitare questo processo. Almeno così vigileremo che proceda davvero, che gli incontri si tengano e che siano proficui. Ma intanto bisogna subito fare qualcosa a partire dall’abolizione del reato di clandestinità.

Che sensazione le stanno lasciando le visite nella sua isola di tutti questi politici?

La solidarietà non basta. Sono necessari fatti concreti. Anche oggi a Letta chiederò quello che serve sul serio. Lampedusa deve smettere di essere isola di frontiera. Deve invece diventare il biglietto da visita dell’Europa. Da tutti i punti di vista, dall’accoglienza, alle strade alla cura del territorio. Non è possibile che chi arriva qui si debba vergognare di essere in questo continente.

Com’è possibile che dopo quasi una settimana i sopravvissuti debbano vivere in condizioni disumane nel centro di accoglienza dell’isola? Possibile che dopo il disastro e dopo tante belle parole non si sia riusciti nemmeno ad evitare questa ulteriore pena a queste presone?

Avete visto tutti come sono costretti a ripararsi nei cartoni. Questa è la cosa più urgente, bisogna almeno dare un tetto a questi ospiti, a partire dalle donne, molte incinte, e dai bambini. Parlo dei trasferimenti, ma non solo. Nel centro ci sono delle aree verdi in cui quanto meno andrebbero installate il prima possibile delle tende di media grandezza. Credo che almeno una tenda questa Italia potrebbe fornirla.

Il 12 ottobre i partecipanti alla manifestazione in difesa della Costituzione di Roma sfileranno con un segno di lutto, lei ci andrà? Parlerà dal palco?

Se mi sarà possibile lo farò senz’altro. Ma non sono in grado adesso di dirlo con certezza. Qui si vive minuto per minuto. Su questa isola stiamo vivendo giorni come dopo una guerra.

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