In quel laboratorio di linguaggi, ipotesi di lavoro, di «visualizzazione del possibile» che è divenuto soprattutto negli ultimi tre o quattro anni la Settimana Internazionale della Critica – un’eccezionale messa in gioco dei postulati e delle forme di espressione contemporanei; l’interrogazione della natura dei segni, forse anche della loro «snaturazione», cioè del loro continuo farsi natura dentro un’era costantemente posteriore – lo scorso anno, in una Mostra di Venezia che pure rifletteva su una carnalità e una sessualità ibride, paniche (e cioè, in fin dei conti, sulla sostanza stessa dell’immagine, come nel caso di Povere Creature), è apparso un oggetto...